Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

AVVISO


Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

pachamama.ferrara@hotmail.it

ci auguriamo che non venga bloccata mai più

sezioni

14 feb 2008

Rassegna 14 febbraio 2008_ presidio a napoli e in tutta italia



leggete la cronaca della giornata su repubblica.it cliccando qui

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da rainews24

Roma | 14 febbraio 2008
Aborto, manifestazioni per difendere la 194
Turco:
Turco: "Aderisco alla manifestazione"
Ancora reazioni dopo il blitz della polizia, lunedì sera, nel policlinico di Napoli, per una falsa denuncia di aborto illegale. Oggi pomeriggio l'Unione Donne Italiane ha organizzato manifestazioni a Napoli, Roma e Milano per difendere la legge 194 sull'interruzione di gravidanza.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, su sollecitazione delle sei donne consigliere, vuole chiarire se il blitz sia stato condotto nel rispetto della legge. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, puntualizza che sul caso di Napoli, non c'è un fascicolo aperto al Csm ma "c'è un documento che è stato presentato e che sarà valutato la prossima settimana".

Sulla vicenda è intervenuta anche l'Associazione dei medici cattolici italiani, che ribadisce di non gradire la 194, ma ricorda che in quanto legge dello Stato va attuata. Blitz come quello di Napoli - sostengono i medici cattolici - creano un clima "spiacevole".

Turco: aderirò alla manifestazione
"Aderirò alla manifestazione delle donne di oggi". Il ministro della Salute Livia Turco, intervistata a Rainews 24, ribadisce la sua vicinanza nei confronti delle donne che hanno deciso di scendere in piazza per difendere la legge 194, dopo l'episodio al Policlinico di Napoli, proprio perché su queste vicende c'è bisogno di "un'attenzione attiva nei confronti della donna".

"Difendo la legge 194 - ha scandito il ministro - perché ho a cuore la cultura della vita. Se il dibattito sulla vicenda si fosse sviluppato attorno alle necessità di cura e di assistenza attorno alla donna che aveva avuto notizia della malformazione del feto, alla maggior presenza del pubblico, perché non fosse lasciata in solitudine, e su come migliorare la qualità dei consultori, sarebbe stato un passo avanti per la promozione della cultura della vita".

Mentre in questi giorni si assiste a episodi che costituiscono "una sovrapposizione di schemi ideologici a una umanissima realtà". Temi così importanti, è l'appello della Turco, che fa eco alle parole di ieri di Veltroni, dovrebbero restare fuori dalla contesa elettorale: "Un programma politico serio deve sicuramente partire dalla promozione della vita, della famiglia, dalla promozione della responsabilita'. Ma la situazione a cui siamo oggi di fronte è un'altra: l'uso strumentale di questi temi. Sono d'accordissimo con L'Osservatore Romano: non usiamo questi temi nella campagna elettorale".

Bonino: vicina alle donne a difesa della 194
"Sono vicina alle donne che oggi in molte citt italiane scenderanno in piazza per manifestare il loro sdegno per l'inqualificabile episodio di Napoli e a difesa della legge 194.", ha dichiarato Emma Bonino, Ministro del Commercio Internazionale e per le Politiche Europee, commentando le numerose manifestazioni di oggi in tutta Italia.

"Viviamo in un periodo in cui si tenta di far dimenticare gli straordinari passi avanti realizzati, grazie alla 194, nella societ italiana per sconfiggere la piaga dell'aborto clandestino e per una maternit responsabile. La 194, simile peraltro alla gran parte della legislazione europea in materia e che in nessun altro paese viene messa in discussione, senza essere perfetta non va strumentalizzata come invece, di tutta evidenza, si cerca di fare in questi giorni con le conseguenze aberranti che abbiamo sotto gli occhi." _____________________________________________________________
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da corriere.it

il ministro a rainews 24

Aborto, manifestazione a Napoli
La Turco: parteciperò anch'io

«Molto colpita dall'episodio, segnale di una mancanza di serenità nell'affrontare un momento tragico»

Una foto di archivio scattata all'interno del Policlinico Federico II di Napoli (Ansa)
ROMA - «Aderirò alla manifestazione delle donne di oggi». Lo ha detto il ministro della Salute, Livia Turco, nel corso di una intervista a Rainews 24. Il ministro ha ribadito di essere rimasta molto colpita dall'episodio avvenuto al policlinico di Napoli, segnale di una mancanza di serenità nell'affrontare un momento tragico nella vita delle donna. «Conoscendo da vicino le problematiche legate all'aborto» , Turco ha detto che c'è bisogno di pacatezza e serenità su queste vicende , «un'attenzione attiva nei confronti della donna». «Difendo la legge 194 - ha sottolineato - perchè ho a cuore la cultura della vita». «Se il dibattito sulla vicenda - ha spiegato Turco - si fosse sviluppato attorno alle necessità di cura e di assistenza attorno alla donna che aveva avuto notizia della malformazione del feto, alla maggior presenza del pubblico, perchè non fosse lasciata in solitudine, e su come migliorare la qualità dei consultori, sarebbe stato un passo avanti per la promozione della cultura della vita». E di fronte all'accusa di eugenetica avanzata da Giuliano Ferrara, Livia Turco ha detto che questo modo di ragionare «è una sovrapposizione di schemi ideologici a una umanissima realtà. È lo scontro tra la vita come grande principio e quella delle persone. Il bambino era una potenzialità di vita e quì sta il dramma e occorre interrogarsi sulla capacità di accoglienza della donna rispetto alla quale non si può giudicare».


14 febbraio 2008

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da l'unità

Legge 194, sit-in in tutta Italia dopo blitz anti-aborto a Napoli

Livia Turco: «Aderisco anch'io»


Il ministro della salute Livia Turco - foto Ansa - 26 maggio 2007
Presidi e sit-in in diverse città italiane per protestare contro l'irruzione degli agenti nel Policlinico napoletano Federico II per interrogare una donna subito dopo essersi sottoposta a un'interruzione volontaria di gravidanza. Il blitz deciso dopo una denuncia anonima nella quale si sosteneva che l'aborto era stato praticato oltre i termini di legge. L'appuntamento in tutte le città è alle ore 17: a Napoli in piazza Vanvitelli, a Roma, davanti al ministero della Salute, in Lungotevere Ripa 1, a Bologna davanti all'ospedale Sant'Orsola, a Firenze davanti alla prefettura in via Cavour 1, a Palermo sempre alle 17.00 davanti all'Istituto Gramsci. A Torino ci si vede alle 17.30 a Palazzo Nuovo, mentre alla stessa ora a Milano il ritrovo è piazza San Babila. A Brescia, infine, l’appuntamento è alle 18.30 di fronte all’Ospedale Civile.

«Aderirò alla manifestazione delle donne di oggi», ha detto il ministro della Salute, Livia Turco dopo aver ribadito di essere rimasta molto colpita dall'episodio avvenuto al policlinico di Napoli, segnale di una mancanza di serenità nell'affrontare un momento tragico nella vita delle donna. «Conoscendo da vicino le problematiche legate all'aborto», Turco ha detto che c'è bisogno di pacatezza e serenità su queste vicende , «un'attenzione attiva nei confronti della donna». «Difendo la legge 194 - ha sottolineato - perché ho a cuore la cultura della vita». «Se il dibattito sulla vicenda - ha spiegato Turco - si fosse sviluppato attorno alle necessità di cura e di assistenza attorno alla donna che aveva avuto notizia della malformazione del feto, alla maggior presenza del pubblico, perché non fosse lasciata in solitudine, e su come migliorare la qualità dei consultori, sarebbe stato un passo avanti per la promozione della cultura della vita».

Di fronte all'accusa di eugenetica avanzata da Giuliano Ferrara, Livia Turco ha detto che questo modo di ragionare «è una sovrapposizione di schemi ideologici a una umanissima realtà. È lo scontro tra la vita come grande principio e quella delle persone. Il bambino era una potenzialità di vita e qui sta il dramma e occorre interrogarsi sulla capacità di accoglienza della donna rispetto alla quale non si può giudicare».

Di fronte all’inaudita irruzione nell’ospedale a Napoli, si mobilita persino la Paola Binetti. «Un'aggressione inaccettabile», ha detto la senatrice “teodem” del Pd. Sulla donna interrogata dai poliziotti dopo aver abortito, Binetti osserva che gli agenti «le hanno mancato di rispetto. Se davvero c'era bisogno di ascoltarla avrebbero dovuto aspettare che uscisse dall'ospedale» e aggiunge che «su questa donna si è scaricata la tensione prodotta da polemiche che durano da mesi» attorno alla legge 194. Secondo Binetti la 194 non va modificata ma applicata in modo illuminato: «Chi si prefigge l'obiettivo» di cambiare la 194 «non credo che sia nel giusto. Questa legge non va modificata, basta applicarla in ogni sua parte, in modo illuminato, soprattutto sul piano della prevenzione e delle alternative all'aborto, intese come sostegni concreti alle donne».

«È in atto un attacco inaudito alla dignità delle donne», afferma la Presidenza Nazionale dell'Auser esprimendo la propria indignazione «per la violenza che a Napoli ha dovuto subire una paziente a seguito del blitz della polizia ordinato da un Magistrato nel reparto maternità per una anonima, vile ed ingiustificata telefonata». «Tale episodio -sottolinea l'Auser- è di una gravità inaudita e si colloca sulla scia degli attacchi alla Legge 194, che non si configurano certo come una rilettura corretta degli ultimi 30 anni, compresa la drastica riduzione del ricorso all'interruzione di gravidanza ponendo fine alla piaga dell'aborto clandestino, ma come un nuovo attacco alla autodeterminazione e alla dignità delle donne. Tutta la nostra solidarietà e vicinanza - conclude la presidenza Auser- alla donna vittima di questo assurdo episodio».

Ancora una provocazione, infine, di Giuliano Ferrara che dice di volersi sottoporre al test per la sindrome Klinefelter, la stessa diagnosticata al feto della donna che ha abortito al policlinico partenopeo.

Pubblicato il: 14.02.08
Modificato il: 14.02.08 alle ore 15.10
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da liberazione
Lettera aperta
a Silvana
indagata
in sala parto

Cara Silvana,
anche a me sette anni fa, come ora a te, consegnarono una amniocentesi su cui era scritto…."feto affetto da sindrome di klinefelter"; anche io, come immagino te, non avevo mai sentito parlare prima di questa "aberrazione genetica", che così si definisce.
E anche io, come immagino te, ho cercato affannosamente di capire in pochi giorni (che tanti ne restano dopo l'amniocentesi per decidere) cosa mai significasse.
Ma forse a quel punto io fui meno fortunata di te, perché incappai in un reparto di ospedale (pubblico) "guidato" da uno di quei medici che hanno fatto della crociata contro la legge 194 una loro ragione di vita; così alla richiesta di spiegazioni diedero risposte generiche e persino di scherno: …. "l'unica cosa certa è che verrà un po' più alto della media, vorrà dire che da grande farà il corazziere!".
Credo che non scorderò mai queste parole e la faccia dell"esperto" che me le ha dette.
Esagerarono nelle rassicurazioni e così ottennero l'effetto opposto: mi preoccupai, ci preoccupammo, io e il mio compagno, e passammo i pochi giorni rimasti per decidere a correre da un "esperto" all'altro per capire che qualità della vita potesse mai avere un ipotetico figlio Klinefelter e per trovare, intanto, almeno un posto dove abortire se questa fosse stata la decisione finale, ma trovando solo "obiettori".
segue a pagina 4


14/02/2008


Al Policlinico
di Napoli dove
è difficile abortire

Viaggio nel reparto dove si è consumato il blitz della polizia
I medici: «Mai nessuno scontro tra obiettori e non obiettori»

Laura Eduati
Fin dal 1998 il Policlinico, che accoglie le richieste di aborto terapeutico di Napoli e provincia, ha stabilito il limite di 22+7. Tre giorni in più, cioè della pur laica e avanguardista clinica Mangiagalli di Milano che si ferma a 22+3.
«Nel 2001 scrivevo che la legge 194 va applicata e non cambiata, oggi invece penso che c'è bisogno di chiarezza sui limiti» continua Nappi. Anche lui d'accordo, con il dottor Leone, che il dibattito degli ultimi mesi sull'aborto è costruito in verità «sul nulla».
Perché già la 194 vieta l'aborto quando c'è possibilità di vita autonoma del feto, e dunque quando si pratica un'interruzione di gravidanza oltre il 90mo giorno il medico deve presupporre che il feto nasca morto. «Ma non c'è alcun strumento che mi faccia capire con certezza se un feto è vivo oppure no alla 22ma o 23ma settimana» dunque a volte può succedere che il feto sia vivo. E allora, secondo Nappi, «va rianimato».
Di parere diverso il dottor Leone: «Rianimare alla 22ma settimana spesso dà ulteriori problemi ai genitori, al feto stesso che sviluppa patologie gravissime e alla società». Della legge sull'aborto il ginecologo Leone pensa che non sia perfetta ma bisognerebbe dare la possibilità di abortire anche oltre la 23ma, data ultima adottata convenzionalmente dai ginecologi italiani, nel caso di enormi patologie fetali come l'anencefalia scoperte tardivamente.
Il dibattito è vivace. Oltre alle pubblicazioni mediche e i manuali di Ostetricia, Leone conserva sul tavolo il numero dell'Espresso con l'intervista a Emma Bonino e una serie di quotidiani sul blitz della polizia. «Ma non mi sento criminalizzato. Non credo» scherza «che mi troverò gli antiabortisti fuori dell'ospedale come succede in America». Questione medica, non questione etica.Nonostante l'altissimo numero di ginecologi obiettori, il dottor Leone assicura che «non c'è mai stato scontro ideologico tra le differenti posizioni né c'è mai stato un tentativo di proselitismo da parte dei militanti per il Movimento per la vita». C'è insomma, un rispetto reciproco che non spiega l'intervento brutale della polizia, con il sequestro della cartella clinica e del feto di 500 grammi, e l'interrogatorio spiccio di S.S., la trentanovenne di Arzano (Na) appena uscita dalla sala parto dopo un laborioso aborto terapeutico. In serata il pm di Napoli Giovandomenico Lepore, coordinatore dell'inchiesta, dichiara che la telefonata anonima al 113 denunciava un infanticidio che si stava consumando in un bagno del Policlinico. Lepore poi difende gli agenti che sarebbero intervenuti con «assoluta professionalità» e nel pieno rispetto della privacy.
Ma la chiarificazione non attenua il diluvio di critiche nei confronti della Procura napoletana e il ministro della Giustizia Luigi Scotti chiede al procuratore generale di Napoli Vincenzo Galgano una attenta verifica sull'intervento dei magistrati nel reparto di Ostetricia di Nappi.
Le sei donne appartenenti al Consiglio superiore della magistratura, orripilate, chiedono insieme ai colleghi uomini un intervento dell'organo di autogoverno dei magistrati, mentre il presidente degli ordini dei medici Amedeo Bianco esprime forte preoccupazione circa l'azione dei poliziotti «sia nel merito che nel metodo».
Forte condanna anche dalla Cgil; l'associazione nazionale giuristi democratici di cui fa parte Barbara Spinelli dirama un comunicato in solidarietà con le donne coinvolte definendo «censurabile» l'intervento delle forze dell'ordine. Naturalmente interviene la politica: il Pd proclama con Anna Finocchiaro che la 194 e l'autodeterminazione delle donne vanno difese, Giuliano Ferrara ricorda che lunedì al Policlinico «è morto un bambino» cioè il feto della signora S.S. ma nessuno se lo ricorda. Maria Luisa Boccia (Prc): «Quanto al blitz,dovranno rendere conto la polizia che l'ha effettuato e il magistrato che l'ha autorizzato».
Il movimento femminista e lesbico si concentrerà oggi alle 17 davanti al ministero della Salute per protestare contro «una vera e propria dichiarazione di guerra» alle donne e al loro corpo. Nelle stesse ore la manifestazione convocata dalle donne dell'Udi a Napoli in piazza Vanvitelli alla quale parteciperà la Sinistra l'Arcobaleno, a Milano davanti alla clinica Mangiagalli e a Bologna di fronte all'ospedale Sant'Orsola. Venerdì alle 10 un sit-in del comitato in difesa della 194 davanti al Policlinico napoletano. Telefono Rosa fornirà assistenza legale gratuita a S.S. Il tutto con la benedizione di Barbara Pollastrini.
«Ho ricevuto telefonate di stima e solidarietà da molti politici» dice il primario Nappi. «Capisce qual è il problema? Che poi i politici discutono di queste questioni senza interpellarci, i tecnici devono intervenire di più. Io voglio discutere di problematiche mediche».
E il problema degli obiettori di coscienza, non sono troppi rispetto ai non obiettori? «Bisognerebbe concentrarli in una unica struttura così una donna saprebbe esattamente dove andare se vuole effettuare un aborto». «Ma il vero problema è che manca una politica della contraccezione, siamo ultimi in Europa, i consultori funzionano male, mancano di personale, le donne spesso non sanno che esistono: loro dovrebbero farsi carico per esempio della prescrizione della pillola del giorno dopo restando aperti il sabato e la domenica».
Dettagli clinici, proposte: di questo parlano i medici e non di ideologia. La realtà sta sempre altrove: ed è quella delle donne campane che fanno fatica a trovare un medico disposto a farle abortire, oppure lo trovano ma le infermiere obiettrici consegnano le candelette di prostaglandina (l'ormone che induce il parto, ndr) rifiutandosi di iniettarle, costringendo le donne a fare da sole. E allora alcune ricorrono alle cliniche private, a pagamento e fuorilegge. Come accadeva a Ischia, dove tutti i medici erano obiettori nell'ospedale pubblico e invitavano le pazienti ad abortire nei loro uffici privati. Poi c'è chi ricorre allo stratagemma: il medico compiacente che inietta la prostaglandina dietro un cospicuo compenso, poi spedisce la poveretta ad abortire nelle strutture pubbliche dove i medici catalogheranno il tutto come aborto spontaneo.


14/02/2008


Tamar Pitch:
«Noi capro espiatorio»

L'intellettuale femminista: viviamo in una società della paura
Sotto tiro chi sembra più debole, compresi i migranti

Angela Azzaro
« La mia ipotesi è che da noi - nell'Occidente - da una parte prevalga ciò che chiamo la paura del futuro, piuttosto che la speranza di un futuro migliore, dall'altra che questa paura venga esorcizzata scegliendo "pericoli" più apparentemente gestibili, più controllabili. Allo stesso tempo questa scelta non può che rivelarsi illusoria e generare un circolo vizioso di frustrazione, diffidenza, rinnovata paura». L'intellettuale femminista Tamar Pitch colloca gli attacchi alla libertà di scelta delle donne in un quadro complesso, in quella società della paura e del controllo di cui analizza modalità, dinamiche, comportamenti. Non prima però di vare sottolineato lo stesso sdegno che tutte proviamo per ciò che è successo a Napoli: «E' un fatto gravissimo».
E proprio con lei, che ha pubblicato per Carocci il saggio La società delle prevenzione , proviamo a seguire il filo rosso che porta dal decreto sulla sicurezza approvato d'urgenza dopo l'uccisione di Giovanna Reggiani alla caccia alle streghe di queste ore con blitz dei poliziotti al Policlinico per un presunto reato di «feticidio». Siamo sempre davanti a corpi che si tenta di espellere, normare, controllare, punire. Un accanimento che porta dai rom alle donne, a tutte quelle soggettività che si stanno affacciando alla storia con la capacità di mettere in discussione vecchi valori, vecchie certezze. Via patria, dio e famiglia. E allora ritorna la paura del caos e il bisogno di controllarlo. Si tenta di ritornare a quei valori che si vedono traballare. Costi quel che costi. Alcuni e alcune parlano di biopolitica, di una politica che passa sempre e comunque attraverso i corpi. Un salto di paradigma rispetto al passato e rispetto alla capacità del potere di intervenire nella vita dei soggetti.

Dai pacchetti sicurezza alle moratorie sull'aborto. Quale è il legame, quale il disegno?
Non parlerei tanto di un disegno politico, ma di un quadro complessivo che è caratterizzato dalla paura. La paura in primo luogo di noi Occidentali, anche se - in parte - lo stesso discorso si può fare per altri paesi e altri fondamentalismi. Che cosa succede? Succede che quando si ha la sensazione di non riuscire più a governare la realtà, quando la paura è troppo forte ce la si prende con chi si ha più vicino e viene percepito come più debole. In questo caso i migranti e le donne.

Donne e migranti: corpi da espellere, da colpevolizzare, da stigmatizzare.
I corpi migranti mettono paura, secondo me, non perché disumani, ma perché troppo umani: corpi invadenti, contagiosi minacciosi, perché visti come totalmente determinati da una cultura e da un passato di cui non son si possono liberare. Le donne vengono prese di mira perché loro è il potere di generare e perché storicamente a loro è stata attribuita la vicinanza con la natura. Dietro la paura delle donne incinte, per esempio, penso ci sia ancora la paura della sessualità, intesa come relazionalità mente corpo, di menti e di corpi inscindibili, di persone concrete incorporate.

Gli altri, quelli che spinti dalla paura diventano aggressivi, minacciosi, come si comportano, come si costituiscono in gruppo?
Credo che possiamo riprendere utilmente una definizione proposta dal sociologo Zygmunt Bauman, quella di «comunità di complici». Davanti alla paura delle catastrofi ambientali, della recessione, della mancanza di futuro, la società reagisce rivendicando valori quali patria, famiglia, dio. Ma la famiglia, come ben sappiamo, si costituisce a danno delle donne.

Il clima contro la legge 194 e più in generale la società del controllo che sta prendendo piede è paragonabile a quello che si viveva prima dei grandi cambiamenti degli anni Settanta? Insomma, possiamo parlare di un semplice ritorno indietro?
C'è una differenza enorme che non può essere ricondotta al piano dei diritti. Le donne oggi sono molto più libere ed è proprio questa libertà che dà fastidio. Prendiamo quello che sta accadendo rispetto alla 194. Quando fu approvata si aveva un'idea della donna come priva di strumenti, poco informata sui metodi contraccettivi, oppressa. Si pensava che approvata la legge, le donne non avrebbero più abortito. Oggi è diverso. Si trovano davanti a una donna molto più libera. Anzi, per loro, troppo libera, onnipotente, padrona della vita e della morte. La reazione? E' appunto quella di creare dei capri espiatori, di prendersela cioè con chi si pensa di poter mettere facilmente sotto.

Capri espiatori che spesso diventano mostri. Lo dice in un saggio anche Rosi Braidotti. I mostri spesso sono le donne. Braidotti propone di far diventare la mostruosità un'arma di ribellione. Intanto come avviene questo processo di trasformazione metaforica?
Le donne vengono considerate come la natura che deve essere domata, il caos che deve essere arginato e disciplinato. Di fronte a sconvolgimenti ambientali che prefigurano la catastrofe finale, ci si rifugia nel tentativo di controllare quella "natura" che è a portata di mano, le donne. Il corpo delle donne, come se, riportandolo all'ordine tradizionale maschile, si ripristinasse un ordine che metterebbe al riparo.


14/02/2008


Al Policlinico
di Napoli dove
è difficile abortire

Viaggio nel reparto dove si è consumato il blitz della polizia
I medici: «Mai nessuno scontro tra obiettori e non obiettori»

Laura Eduati
Fin dal 1998 il Policlinico, che accoglie le richieste di aborto terapeutico di Napoli e provincia, ha stabilito il limite di 22+7. Tre giorni in più, cioè della pur laica e avanguardista clinica Mangiagalli di Milano che si ferma a 22+3.
«Nel 2001 scrivevo che la legge 194 va applicata e non cambiata, oggi invece penso che c'è bisogno di chiarezza sui limiti» continua Nappi. Anche lui d'accordo, con il dottor Leone, che il dibattito degli ultimi mesi sull'aborto è costruito in verità «sul nulla».
Perché già la 194 vieta l'aborto quando c'è possibilità di vita autonoma del feto, e dunque quando si pratica un'interruzione di gravidanza oltre il 90mo giorno il medico deve presupporre che il feto nasca morto. «Ma non c'è alcun strumento che mi faccia capire con certezza se un feto è vivo oppure no alla 22ma o 23ma settimana» dunque a volte può succedere che il feto sia vivo. E allora, secondo Nappi, «va rianimato».
Di parere diverso il dottor Leone: «Rianimare alla 22ma settimana spesso dà ulteriori problemi ai genitori, al feto stesso che sviluppa patologie gravissime e alla società». Della legge sull'aborto il ginecologo Leone pensa che non sia perfetta ma bisognerebbe dare la possibilità di abortire anche oltre la 23ma, data ultima adottata convenzionalmente dai ginecologi italiani, nel caso di enormi patologie fetali come l'anencefalia scoperte tardivamente.
Il dibattito è vivace. Oltre alle pubblicazioni mediche e i manuali di Ostetricia, Leone conserva sul tavolo il numero dell'Espresso con l'intervista a Emma Bonino e una serie di quotidiani sul blitz della polizia. «Ma non mi sento criminalizzato. Non credo» scherza «che mi troverò gli antiabortisti fuori dell'ospedale come succede in America». Questione medica, non questione etica.Nonostante l'altissimo numero di ginecologi obiettori, il dottor Leone assicura che «non c'è mai stato scontro ideologico tra le differenti posizioni né c'è mai stato un tentativo di proselitismo da parte dei militanti per il Movimento per la vita». C'è insomma, un rispetto reciproco che non spiega l'intervento brutale della polizia, con il sequestro della cartella clinica e del feto di 500 grammi, e l'interrogatorio spiccio di S.S., la trentanovenne di Arzano (Na) appena uscita dalla sala parto dopo un laborioso aborto terapeutico. In serata il pm di Napoli Giovandomenico Lepore, coordinatore dell'inchiesta, dichiara che la telefonata anonima al 113 denunciava un infanticidio che si stava consumando in un bagno del Policlinico. Lepore poi difende gli agenti che sarebbero intervenuti con «assoluta professionalità» e nel pieno rispetto della privacy.
Ma la chiarificazione non attenua il diluvio di critiche nei confronti della Procura napoletana e il ministro della Giustizia Luigi Scotti chiede al procuratore generale di Napoli Vincenzo Galgano una attenta verifica sull'intervento dei magistrati nel reparto di Ostetricia di Nappi.
Le sei donne appartenenti al Consiglio superiore della magistratura, orripilate, chiedono insieme ai colleghi uomini un intervento dell'organo di autogoverno dei magistrati, mentre il presidente degli ordini dei medici Amedeo Bianco esprime forte preoccupazione circa l'azione dei poliziotti «sia nel merito che nel metodo».
Forte condanna anche dalla Cgil; l'associazione nazionale giuristi democratici di cui fa parte Barbara Spinelli dirama un comunicato in solidarietà con le donne coinvolte definendo «censurabile» l'intervento delle forze dell'ordine. Naturalmente interviene la politica: il Pd proclama con Anna Finocchiaro che la 194 e l'autodeterminazione delle donne vanno difese, Giuliano Ferrara ricorda che lunedì al Policlinico «è morto un bambino» cioè il feto della signora S.S. ma nessuno se lo ricorda. Maria Luisa Boccia (Prc): «Quanto al blitz,dovranno rendere conto la polizia che l'ha effettuato e il magistrato che l'ha autorizzato».
Il movimento femminista e lesbico si concentrerà oggi alle 17 davanti al ministero della Salute per protestare contro «una vera e propria dichiarazione di guerra» alle donne e al loro corpo. Nelle stesse ore la manifestazione convocata dalle donne dell'Udi a Napoli in piazza Vanvitelli alla quale parteciperà la Sinistra l'Arcobaleno, a Milano davanti alla clinica Mangiagalli e a Bologna di fronte all'ospedale Sant'Orsola. Venerdì alle 10 un sit-in del comitato in difesa della 194 davanti al Policlinico napoletano. Telefono Rosa fornirà assistenza legale gratuita a S.S. Il tutto con la benedizione di Barbara Pollastrini.
«Ho ricevuto telefonate di stima e solidarietà da molti politici» dice il primario Nappi. «Capisce qual è il problema? Che poi i politici discutono di queste questioni senza interpellarci, i tecnici devono intervenire di più. Io voglio discutere di problematiche mediche».
E il problema degli obiettori di coscienza, non sono troppi rispetto ai non obiettori? «Bisognerebbe concentrarli in una unica struttura così una donna saprebbe esattamente dove andare se vuole effettuare un aborto». «Ma il vero problema è che manca una politica della contraccezione, siamo ultimi in Europa, i consultori funzionano male, mancano di personale, le donne spesso non sanno che esistono: loro dovrebbero farsi carico per esempio della prescrizione della pillola del giorno dopo restando aperti il sabato e la domenica».
Dettagli clinici, proposte: di questo parlano i medici e non di ideologia. La realtà sta sempre altrove: ed è quella delle donne campane che fanno fatica a trovare un medico disposto a farle abortire, oppure lo trovano ma le infermiere obiettrici consegnano le candelette di prostaglandina (l'ormone che induce il parto, ndr) rifiutandosi di iniettarle, costringendo le donne a fare da sole. E allora alcune ricorrono alle cliniche private, a pagamento e fuorilegge. Come accadeva a Ischia, dove tutti i medici erano obiettori nell'ospedale pubblico e invitavano le pazienti ad abortire nei loro uffici privati. Poi c'è chi ricorre allo stratagemma: il medico compiacente che inietta la prostaglandina dietro un cospicuo compenso, poi spedisce la poveretta ad abortire nelle strutture pubbliche dove i medici catalogheranno il tutto come aborto spontaneo.


14/02/2008

Roma «Nove ore da sola in ospedale per un aborto»

« Sono arrivata al San Camillo in prima mattinata. Uno dei tre dottori non obiettori su cinquanta mi fa partire il travaglio per l'aborto terapeutico. Ero in una stanza in ginecologia da sola, abbandonata per nove ore». Una sola volta è sceso un dottore in modo moto rapido.
Ma non c'era un anestesista non obiettore e quindo nessuno poteva farmi l'epidurale». E' il racconto di una che una giovane donna romana, Miriam 31 anni, ha rilasciato a Repubblica.it.
«Dopo una visita morfologica all'Ospedale Fatebenefratelli - racconta la donna - mi hanno parlato in modo vago di qualche anomalia del feto alla 21a settimana. Mi hanno detto di stare tranquilla e tornare dopo due settimane.
A quel punto ho immediatamente fissato un appuntamento in una clinica privata ed ho scoperto che il quadro era completamente diverso: il ventricoli cerebrali erano molto dilatati e mi hanno detto che avrei dato alla luce un bambino con gravi ritardi ammesso che fosse sopravvissuto. In molti ospedali on potevo andare. In quasi tutti sono obiettori e l'aborto, di fatto, non viene praticato. Solo al San Camillo ci sono 3 obiettori su 50 dottori». A quel punto è iniziata la luga agonia di nove ore. «Dovevano tutelare la mamma, non c'era nessun bambino da assistere. Mi hanno tenuto per due giorni perchè non c'erano obiettori che mi visitassero. Venivano, leggevano aborto e passavano oltre».


14/02/2008


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