Domani, sabato 1 marzo, appuntamento alle 16 sul listone, come sabato scorso!!
Lunedì 3 marzo ore 17,30 appuntamenti alla cgil per riunione. Si discuterà dell'8 marzo e delle prossime iniziative da organizzare tutte assieme
AVVISO
Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:
pachamama.ferrara@hotmail.it
ci auguriamo che non venga bloccata mai più
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29 feb 2008
1 marzo e 3 marzo
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Etichette: iniziative, riunioni
Corso gratuito di italiano per madri straniere con bambini piccoli
21-02-2008 12 incontri di giovedì dalle 9.30 alle 13.00, dal 21 febbraio al 29 maggio 2008 | |||
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L'Ufficio Politiche Familiari del Comune di Ferrara in collaborazione con la Circoscrizione di via Bologna, l'AUSL e il CTP organizza un corso di italiano TOTALMENTE GRATUITO per madri straniere con bimbi piccoli, ogni giovedì dalle 9.30 alle 13 per 12 giovedì a partire dal 21 febbraio 2008 presso la Piccola Casa, in viale Krasnodar 112 a Ferrara. Il corso si propone di avvicinare la conoscenza della lingua italiana a un gruppo di madri straniere con bambini inferiori all'anno di vita o in attesa, giunte da poco a Ferrara o comunque con una conoscenza limitata della lingua, della città e dei suoi servizi: per questo una parte degli incontri sarà dedicata alla conoscenza di diritti, opportunità e modalità di accesso ai servizi sanitari, sociali ed educativi del territorio. Sede del corso di italiano è il Centro Piccola Casa di viale Krasnodar 112 a Ferrara, un servizio educativo comunale per bambini piccoli che può accogliere un numero limitato di persone: per questo il corso di italiano prevede un massimo di 12 mamme straniere con i propri bambini. La partecipazione al corso è gratuita e sarà data priorità alle madri residenti nel quartiere di via Bologna (per le madri che risiedono più lontano e che hanno difficoltà di spostamento potrà essere previsto un apposito servizio di trasporto). Per informazioni ed iscrizioni al corso: |
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Etichette: corsi, iniziative
24 feb 2008
!!!mercatino rosa!!!
Stamattina, come previsto, c'è stato il mercatino rosa in via Mambro, davanti a viale K.
Riscaldati da questa visione, abbiamo iniziato ad allestire i banchetti
avvalendoci dell'aiuto dell'amico furgonista e della Croce Rossa Giovanile
Come al solito in vendita c'era di tutto un po' di tutto...
per adulti
e bambini
tra cui Mayta, che ha sbancato tutto!!
Il prossimo mercatino sarà all'inizio di marzo e venderemo solo libri e fumetti
inizia quindi la raccolta dell'usato!
Grazie a tutte le persone che sono venute e che ci hanno dato una mano!
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Etichette: iniziative
23 febbraio 2008
Libere di decidere
Stiamo vivendo tutte l’ennesimo tentativo di mortificare l’autodeterminazione delle donne.
L’attacco strumentale alla L.194 è l’altra faccia di una politica che non rispetta le donne e tenta di rendere insignificante ogni espressione di libera scelta.
Le donne il rispetto per la vita lo praticano quotidianamente ed è per questo che oggi dicono che la legge 194 non si tocca e la si deve applicare integralmente e seriamente.
Dal 1978 siamo uscite dalla clandestinità che ci uccideva!
In 30 anni la legge 194 ha ridotto gli aborti del 44%, ha aumentato l’informazione ed elevato la consapevolezza di donne e uomini per una genitorialità sempre più responsabile.
L’art. 5 della Legge 194 impone ai consultori ed alle strutture socio-sanitarie quando
“la richiesta di interruzione volontaria di gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta....le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause ... di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre...”.
E invece le donne sono spesso lasciate sole; il numero dei consultori pubblici è stato drasticamente ridotto; l’obiezione di coscienza è tanto diffusa da compromettere il corretto utilizzo della legge.
A Ferrara l’85% dei medici ginecologi è obiettore di coscienza e non tutti gli ospedali garantiscono il servizio benché pubblico.
Dietro le campagne ideologiche e la barbarie dell’incursione nell’ospedale di Napoli c’è ben di più di un attacco alla legge 194: c’e il rischio per tutte e tutti di rompere un patto civile tra diritti collettivi e libertà individuali.
Dopo la follia della proposta di moratoria, l’accanimento dei medici romani sulla rianimazione dei feti prematuri - anche contro la volontà della madre -, l’indifferenza alla violenza quotidiana che le donne subiscono, la fatica ad affermare una vera democrazia paritaria ovunque si assumono decisioni, dovremmo aver capito tutte che la libertà delle donne è il vero obiettivo di un nuovo controllo sociale.
Ora Basta!
- Noi donne siamo stanche di portare sulle spalle colpe che non abbiamo.
- Noi donne siamo stanche di essere accusate di uccidere i nostri figli.
· Noi donne abbiamo il diritto di essere sostenute quando dobbiamo scegliere la strada più difficile.
Interrompere una gravidanza che non si vuole o non si può portare a termine è una scelta difficile non priva di amore per la vita e di rispetto e di responsabilità.
Noi donne non intendiamo riconoscere autorità politica a chi non ha il coraggio di dire chiaramente per quali diritti e per quali libertà si impegna.
UDI, CENTRO DONNA GIUSTIZIA, CENTRO DOCUMENTAZIONE DONNA,
DONNE DELLA CGIL, COLLETTIVO PACHAMAMA, CITTADINE DEL MONDO
E DONNE IN ASSEMBLEA
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23 feb 2008
Amélie Nothomb a Ferrara
25 febbraio ore 18 Amélie Nothomb
al castello estense
sala dei comuni del castello
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21 feb 2008
Sit in Roma per incendio 'Coming Out'
Nella notte del 18 febbraio scorso un incendio, probabilmente doloso, ha colpito il locale 'Coming Out' di Roma.
Riceviamo e volentieri diffondiamo il comunicato di Francesca Grossi, Presidente Arcilesbica Roma.
APPUNTAMENTO SIT IN
VENERDI´ 22 FEBBRAIO ALLE ORE 22.30
Via di San Giovanni in Laterano, 18
L'incendio doloso che ha colpito il Coming Out di Roma ci scuote perché è atto molto grave, ci colpisce perché diretto verso uno dei luoghi di maggiore aggregazione di gay, lesbiche, trans, ci spinge a respingere con fermezza questa azione. Il Coming Out è uno dei ritrovi più frequentati dalla capitale, uno dei preferiti da giovani e giovanissimi, il suo successo ha fatto sì che la strada dove si trova sia diventata ufficialmente la Gay street di Roma. Siamo vicine al Coming Out, alle donne che lo hanno creato e che ci lavorano e le esortiamo a non perdersi d'animo.
Invitiamo tutte e tutti ad essere presenti al Sit In organizzato per Venerdì 22 alle 22,30, in appoggio al Coming Out, per difendere i nostri spazi, contro l'intolleranza e l'omofobia.
A presto
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Rassegna 21-02-08
l caso dell'interruzione terapeutica della gravidanza conclusa con l'intervento della polizia
Il Guardasigilli incarica gli ispettori del ministero. Relazione del Pg e della Prefettura
Aborto a Napoli, nuove indagini
"Le ricostruzioni sono discordanti"
Livia Turco: "La procedura seguita dai medici è conforme alla legge"
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corriere
La sollecitazione inviata alla congregazione presieduta da Hummes
Brasile, appello dei preti: basta celibato
Istanza a papa Ratzinger per consentire ai sacerdoti di avere una famiglia. E per ridare i sacramenti ai divorziati
________________________________________Legge islamica I giornali liberali la difendono
La manager Usa che rischia la vita
per un caffè in Arabia
Da Starbucks col collega: arrestata
___________________________________________________all'origine della tragedia una pesante situazione di disagio familiare
Imola, uccide la figlia e tenta il suicidio
La madre Rosa Turrini, 49 anni, ha assassinato a coltellate Micaela Lelli, 25 anni, handicappata
_____________________________________________________DALL'INDAGINE EMERSE SITUAZIONI DRAMMATICHE DI DEGRADO FAMILIARE
Abusi su una 12enne, arrestati i genitori
Avrebbero "favorito" la violenza sessuale sulla figlia da parte del padrino, anche lui finito in manette
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Rai news 24
Donne e lavoro----------Sgravi fiscali per le donne
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Sono oltre cento le personalità internazionali che in una lettera indirizzata alle autorità iraniane protestano contro la chiusura della rivista Zanan, la più importante voce delle donne nella Repubblica Islamica. Gran parte dei firmatari sono docenti universitari americani, ma tra i nomi più illustri c'è anche quello del Premio Nobel Judy Williams, del sociologo Noam Chomsky e del filosofo Jurgen Haberman. La rivista Zanan è stata chiusa lo scorso 2 febbraio per ordine della magistratura di Teheran. La rivista diretta da Shahla Sherkat è accusata di "turbare gli animi e le coscienze delle donne" proponendo articoli che mettono in discussione la morale islamica.
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manifesto 20 febbraio 08
Un portantino telefona prima delle 19 al 113, perché una donna sta partorendo nel bagno del secondo policlinico di Napoli. Gli agenti ottengono il via libera ad intervenire dal pm Russo. Alle 19.20 arrivano a sirene spiegate e secondo i testimoni, tra cui il responsabile dell'Ivg Francesco Leone, bloccano le uscite, interrogano personale e degenti, poi si dirigono dalla paziente appena uscita dalla sala operatoria per il raschiamento. La donna è confusa dopo un pomeriggio di contrazioni indotte e l'effetto dell'anestesia. L'ispettrice non si «intenerisce», chiede informazioni riservate e anche superflue: nome del padre e motivi dell'aborto. Nella confusione ipotizzano le accuse per i sanitari: mancata rianimazione del feto, ma non è un reato solo un'iniziativa provocatoria di un gruppo di medici qualche giorno prima. Allora si parla di «feticidio» alla 21esima settimana. Chiedono il sequestro della cartella clinica e del feto. Non hanno un mandato né c'è flagranza, in quanto il crimine non si realizza in un normale intervento di aborto terapeutico. Chiamano il pm, che si assume la responsabilità. Scoppia un putiferio, scattano le proteste di donne e uomini, dal centrodestra tacciono, eccetto Giuliano Ferrara. Quanto basta per mettere sotto accusa l'operato di polizia e magistratura.
Ieri il Csm ha accolto la richiesta di una verifica avanzata da tutte e sei le consigliere, laiche e togate, subito dopo il blitz. Nicola Mancino, il vicepresidente, ha annunciato il via libera all'istruttoria affidata alla Prima commissione che si occupa «del comportamento dei magistrati». Già subito dopo i fatti le consigliere avevano rilevato come, in quanto accaduto, non si fosse tutelata una persona in un momento di «difficoltà e debolezza». Si era andati oltre i normali accertamenti visto che «la legge 194, disciplinando le condizioni e le modalità per l'interruzione, prevede una procedura che consente di verificare documentalmente l'osservanza delle condizioni di legge».
Fino ad oggi il procuratore generale Giandomenico Lepore ha difeso il pm su tutta la linea, perché per verificare una telefonata, che lo stesso ha definito circostanziata, bisognava intervenire. Gli agenti hanno inviato la relazione su quei 35 minuti al policlinico: un'ispettrice donna avrebbe fatto sommarie domande alla signora che, affermano, si trovava in piedi nella sua stanza. Ma le contraddizioni non mancano. Primo il riscontro tra la telefonata e il reato contestato. Il portantino Ciro De Vivo nei suoi 4 minuti non ha mai pronunciato la parola aborto illegale, bensì riferiva di una signora che stava partorendo nel bagno, con i «ferri in mezzo alle cosce», particolare non provato. La relazione delle pattuglie si scontra con tutte le testimonianze delle ricoverate e dei sanitari che descrivono un atteggiamento spropositato rispetto al luogo e ai fatti contestati: sono state bloccate le entrate di un reparto ostetrico, mettendo in agitazione madri che stavano per partorire. Quanto alla donna, i testimoni concordano che si trovava nel suo letto (abbastanza plausibile appena 20 minuti dopo un raschiamento) dolorante e in stato confusionale. Ora spetterà al procuratore generale della Corte d'Appello, Vincenzo Galgano, fornire tutte le spiegazioni sulle decisioni di Russo, sia al ministro della giustizia Scotti che al Csm. Dopo le proteste corali, come ha detto lo stesso Mancino «si tratta di capire bene cos'è accaduto nell'ospedale, che peraltro è una struttura pubblica».
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Eppure un caso di aborto clandestino praticato con uncini da "mammane" non è usuale neppure tra gli immigrati. Tanto meno nella comunità cinese, dove le donne semmai fanno più facilmente ricorso alla pillola abortiva Ru486, spesso importata illegalmente dalla Cina dove è in uso dal 1988. Ovviamente, quando ci riescono. «Alle strutture clandestine si rivolgono soprattutto le donne cinesi arrivate da poco, quelle che si affidano alla comunità di appartenenza. Altrimenti, c'è la tendenza a farsi assistere dal servizio sanitario italiano», ha spiegato ieri don Giovanni Momigli, presidente della Fondazione fiorentina Spazio Reale e profondo conoscitore della comunità cinese locale, che è una delle più numerose in Italia. Particolarmente importante, oltre che popolosa, è la chinatown che si è andata via via strutturando negli ultimi quindici anni nel centro della vicina città di Prato con l'immigrazione proveniente dalla provincia di Wenzhou, situata nel sud-est della Cina. I primi insediamenti a Firenze risalgono invece agli anni '70. «Sono circa cinquemila i cinesi ufficialmente presenti in città impegnati soprattutto nel commercio e nell'artigianato - ha spiegato ieri Hua Lin Lai, rappresentante degli immigrati nel consiglio comunale fiorentino - gli ambulatori clandestini ci sono, ma chi è regolare e conosce le leggi italiane si rivolge alle Asl. A volte chi va dai medici clandestini lo fa solo per ignoranza». Ma anche per paura o per sfiducia nei confronti dei medici italiani. Comunque sia, negli anni scorsi sia a Prato che a Firenze le forze dell'ordine hanno scoperto alcuni ambulatori illegali, spesso allestiti all'interno di fabbriche gestite da immigrati cinesi.
«Gli inquirenti chiariranno, ma l'episodio della giovane cinese ricoverata in gravi condizioni per un probabile aborto clandestino dice che è arrivato il momento di dire alt a certe polemiche strumentali - ha commentato la ministra delle Pari opportunità Barbara Pollastrini - Proviamo a immaginare che cosa potrebbe accadere se si dovesse determinare un clima persecutorio e di isolamento nei confronti delle donne che decidono di interrompere una gravidanza». Lo scenario è facilmente prevedibile, basta tornare con la memoria a quello che accadeva in Italia prima della legge 194: 350 mila aborti clandestini che uccidevano ufficialmente almeno una decina di donne l'anno. Anche se le stime più serie, come spiega Angela Spinelli, direttore del Dipartimento Salute della donna e dell'età evolutiva dell'Iss, parlano di almeno 300 donne salvate dalla 194 ogni anno. Altro che diritto all'aborto, dunque, ma una legge contro l'aborto.
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L'inquietudine è forte, poiché il presidente Nicolas Sarkozy sembra voler riaprire la questione del posto della religione nella repubblica. C'è stato il discorso fatto in Vaticano, prima di Natale, dove ha affermato che, per l'educazione dei bambini, «il maestro non potrà mai sostituire il parroco o il pastore». Poi il presidente ha citato dio ben 13 volte in Arabia saudita, di fronte a un regime che fa riferimento a una tendenza estremista dell'islam, i wahabiti. Dove vuole arrivare Sarkozy? si chiedono inquieti i laici in Francia. Nel libro che aveva pubblicato nel 2004, sulla questione religiosa, Sarko affermava di voler voltare pagina rispetto alla situazione del passato, fondata dalla legge di separazione dello stato dalle chiese del 1905. Più volte ha parlato di «spolverare» questa legge, di «attualizzarla». Quando era ministro degli interni (e dei culti), ha svolto un ruolo importante per la creazione del Consiglio francese del culto musulmano, un'istanza rappresentativa dell'islam in Francia. L'obiettivo di Sarkozy sembra essere una revisione della legge del 1905, per permettere agli enti locali di finanziare la costruzione di luoghi di culto (è una richiesta dei musulmani, che ne hanno meno, hanno pochi soldi e sono quindi obbligati a rivolgersi all'estero per i finanziamenti).
Negli ultimi giorni, l'Eliseo ha un po' frenato le voci sulla revisione della legge del 1905, perché l'inquietudine cresce in un paese fortemente segnato da cent'anni di sanguinose guerre di religione e dove toccare quella legge è equiparato a una vera e propria dichiarazione di guerra. Ma Sarkozy è circondato da cattolici praticanti all'Eliseo. La sua direttrice di gabinetto, Emmanuelle Mignon - tra l'altro all'origine della controversa proposta di far «adottare» un bambino ebreo deportato da ogni allievo di quinta elementare - è ex allieva dei gesuiti ed è capo scout. Inoltre, il presidente francese guarda ai neo-con Usa come modello ideologico.
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Il giudizio della cassazione è netto: un «rapporto incestuoso», così come «un rapporto omosessuale» sono tra i «fatti disonorevoli» che consentono di astenersi dal testimoniare e dover rivelare, ad esempio, le ragioni per le quali il testimone «era presente in un certo posto a una certa ora». Nel motivare la sua decisione, la Cassazione afferma tra l'altro che la tutela accordata dal primo comma dell'art. 384 codice penale («Casi di non punibilità») riguarda non solo le cosiddette «dichiarazioni indizianti» - cioè il testimone che sarebbe altrimenti costretto ad autoaccusarsi - «ma anche tutte le altre dichiarazioni dalle quali potrebbero emergere fatti disonorevoli (un rapporto incestuoso; un rapporto omosessuale) per il testimone (richiesto ad esempio di indicare le ragioni per le quali era presente in un certo posto a una certa ora)».
«E' gravissimo che un organismo istituzionale come le sezioni unite della Corte Suprema di Cassazione definiscano un 'fatto disonorevole' un rapporto omosessuale - commenta Aurelio Mancuso -. Noi ci consideriamo assolutamente orgogliosi dei nostri amori e dei nostri rapporti. Disonorevole è il pregiudizio il sociale, l'omofobia e sentenze come questa».
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Liberazione 21-02-08
La risposta a Magris (e tanti altri maschi) su cosa vuole dire «rispettare la vita» | |
Abortire ovvero una decisione altamente morale | |
Italo Calvino* |
Le donne della Sinistra: «Vogliamo essere più presenti» | |
Donne presenti in sede di formazione delle liste, a capo delle liste in numero significativo, e in alternanza e più presenti in tutte le occasioni di esposizione mediatica: sono le proposte presentate dalla parlamentare Fulvia Bandoli, della Sinistra democratica ed esponente della Sinistra l'Arcobaleno. «Si tratta di scelte - ha spiegato Bandoli - necessarie per costruire in Italia una Sinistra Arcobaleno grande, autenticamente plurale, capace di parlare al cuore e all'intelligenza di donne e uomini, di attrarre alla politica le giovani ed i giovani di oggi». «Non vogliamo - ha proseguito - che, come troppe volte è successo nella storia della sinistra, le intenzioni più nobili vengano oscurate da pratiche strumentali, quelle di una politica che continua ad essere nelle mani di ristrettissimi gruppi maschili tesi a perpetuare se stessi. Ci preoccupa che a volte anche gli uomini della sinistra non riconoscano autorità ruolo e libertà alle donne. Non ci convince - ha concluso Bandoli - un percorso unitario che si riduca ad un puro assemblaggio elettorale di ciò che c'è, riteniamo essenziali nuove forme di partecipazione, la voglia di esserci di tante e di tanti che si impegnano e si organizzano fuori dalle forze politiche». Dalle donne della Sinistra giunge anche una proposta, provocatoria ma non troppo: un busto della Merlin in Senato. «Nel giorno dell'anniversario dell'approvazione della legge Merlin, di cui quest'anno ricorre anche il centenario della nascita vogliamo ricordare questa parlamentare indomita che ha fatto tanto per le donne». L'idea è stata presentata da Lidia Menapace, Tiziana Valpiana, Erminia Emprin e Giovanna Capelli che hanno chiesto che la senatrice socialista, ma anche altre illustri donne, vengano ricordate in aula con dei busti, a fianco di altre personalità illustri, tutte maschili che affollano le sale e i corridoi di palazzo Madama. «Tina Merlin - ricordano le senatrici - è passata alla storia soprattutto per la famosa "Legge Merlin" quella che tolse dall'ordinamento giuridico italiano l'obbrobrio di uno stato che guadagnava sui casini. La Merlin lottò per la libertà di azione delle donne, ottenendo, allora tra le prime in Europa, che la prostituzione non fosse più un reato e non potesse essere regolamentata dallo stato, tenendo le prostitute praticamente in stato di schiavitù». All'inizio di questa legislatura le senatrici avevano chiesto al presidente Marini di mettere un busto della Merlin a palazzo Madama. La stessa richiesta le senatrici estendono a: «Grazia Deledda, Maria Montessori (premi Nobel), Anna Magnani (della quale anche ricorre il centenario della nascita), Giglia Tedesco che fu vicepresidente del Senato, la più alta carica che una donna abbia ricoperto in questo ramo del Parlamento». «Restiamo in (non tanto), fiduciosa attesa». |
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20 feb 2008
Rassegna 20/02/08
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19 feb 2008
rassegna 19/02/08
corriere.it
Pratica aperta in I Commissione su richiesta delle consigliere donne
Blitz anti-aborto, il Csm apre l'indagine
Avviata un'istruttoria sul caso di Napoli. Chiesta una relazione al procuratore generale
Le proteste a Roma contro il blitz anti-aborto (Ap)
NAPOLI - Il Csm avvia l'istruttoria sul blitz al Policlinico di Napoli, dove una donna è stata interrogata dalla polizia subito dopo aver subito un aborto. Gli agenti erano intervenuti, con l'autorizzazione del pm Vittorio Russo, dopo la segnalazione di un infermiere. Ricevuta dal comitato di presidenza la richiesta di intervento inizialmente avanzata dalle sei consigliere donne di Palazzo dei Marescialli, la Prima Commissione ha deciso infatti di chiedere informazioni su quanto accaduto al procuratore generale della Corte d'Appello del capoluogo campano. Una volta ricostruito quanto accaduto, i rappresentanti dell'organo di autogoverno della magistratura decideranno se e come andare avanti nell'indagine.
INDAGINE - Il caso, come annunciato già dal vicepresidente di Palazzo dei Marescialli, Nicola Mancino, verrà affidato alla Prima commissione «che si occupa dei comportamenti dei magistrati», e a cui è stato trasmesso il documento presentato nei giorni scorsi dalle consigliere laiche e togate dell'organo di autogoverno. «L'obiettivo è comprendere come si sono svolti i fatti - ha spiegato ieri Mancino - le versioni date sono diverse e perciò c'è bisogno di un accertamento. Si tratta di capire bene cos'è accaduto in quell'ospedale, che peraltro è una struttura pubblica».
LE PROTESTE - L'iniziativa del Csm era stata sollecitata la scorsa settimana da tutte le donne consigliere, togate e laiche. «L'obbligo di accertamento degli illeciti penali impone spesso la compressione della sfera più privata delle persone, ma in tali casi - avevano sostenuto in un documento comune -, vista la delicatezza degli interessi costituzionalmente protetti in gioco, appare indispensabile una verifica rigorosa della sussistenza delle condizioni di legge e l'adozione di modalità esecutive compatibili con il rispetto della persona, specie se in situazione di difficoltà o debolezza». Il bisogno del Csm di fare una verifica è legato anche alle proteste scoppiate dopo il blitz della polizia. Proteste forti che continuano ad esserci. «È per questa ragione - sottolinea il vicepresidente - che ci porta ad approfondire l'accaduto e a valutarlo».
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Liberazione
Titti De Simone
C'è una brutta aria
Titti De Simone
C'è una brutta aria. Nel giro di una settimana la polizia ha fatto irruzione in un reparto dove una donna si stava sottoponendo ad un aborto terapeutico alimentando una indegna campagna di criminalizzazione, e ieri è stato preso di mira uno storico locale gay a Roma, il Coming Out. C'è un filo che unisce queste due cose? Secondo me c'è. Perché entrambi i fatti, gravi, sono il frutto di un clima politico, sociale e culturale che si è messo in movimento da un pò e che sta producendo diversi attacchi alle libertà, alle forme di diversità, all'autodeterminazione delle donne. Troppa aggressività, troppe parole d'odio si scagliano contro i nostri corpi, i nostri sentimenti, le relazioni, le vite che viviamo. Non importa il volto di chi sta dietro quelle parole, lo dico anche sapendo la differenza che corre, ma per noi non cambia se è di Storace o di Bagnasco, perché so che se qualsiasi parola che può ferire, o offendere, o creare odio, è sbagliata e va contrastata con la politica. Appunto la politica. Quella che non vogliamo far tacere, che non vogliamo separare dalla gente, dal paese reale. Le violenze contro la comunità Lgbt si ripetono quotidianamente in Italia e particolarmente a Roma dove gli omicidi negli ultimi 10 anni sono stati tantissimi. Ma c'è un aspetto simbolico che inevitabilmente colpisce. Il tentativo di bruciare il luogo dove si incontra una comunità, è il tentativo di impaurirti, di ricacciarti indietro, nell'invisibilità, di rinunciare alle lotte per la tua libertà, per la tua piena cittadinanza. Per questo dobbiamo lanciare proprio in queste settimane di dibattiti politici sul presente e sul futuro del paese, una grande mobilitazione nazionale per rispondere all'omofobia dilagante, agli attacchi contro l'autoderminazione delle donne e per difendere il principio della laicità dello Stato.
segue a pagina 8
E' un clima culturale avvelenato
Noi vogliamo parlare delle nostre vite, anzi vorremmo
invadere la politica di vite, di corpi, di desideri, di libertà
Titti De Simone
Non possiamo accettare che temi così importanti vengano rimossi dalla discussione politica a vantaggio di chi vorrebbe così nascondere le proprie enormi contraddizioni. Noi ne vogliamo parlare perché questi temi che riguardano la vita concreta, i sentimenti, i corpi di donne e uomini, sono l'essenza della politica e non vogliamo ridurla al silenzio, ad un balletto indecente di doppia morale, o a ipocrite crisi di coscienza che affiorano solo quando si tratta di legiferare sul corpo delle donne contro le donne, o degli omosessuali, e mai quando si tratta di guerra, armi, o di saccheggiare e inquinare l'ambiente. Ma di che cosa vogliono parlare in questa già avviata campagna elettorale? Di quali vite, di quali donne e uomini? I giovani precari o i giovani imprenditori? La libertà delle donne, o il bonus bebè. I diritti concreti da estendere a gay, lesbiche e trans, o un generico quanto plastificato diritto alla felicità? Noi vogliamo parlare di matrimonio gay come in Spagna, di cancellazione della legge 40, e del fatto che non va bene che negli ospedali pubblici che dovrebbero applicare la 194, l'80 per cento dei medici siano obiettori di coscienza. Noi vogliamo parlare delle nostre vite, anzi vorremmo invadere la politica di vite, di corpi, di desideri, di libertà. Perché riguarda il diritto civile ad avere un consultorio pubblico, la pillola RU486, un'informazione e prevenzione seria che parta dalle scuole dove la parola preservativo è praticamente ancora bandita.
Questo clima culturale va fermato perché il pericolo non è solo quello dell'attacco alla 194 ma di una operazione complessivamente regressiva e repressiva sul terreno sociale, in virtù di una visione gerarchizzata e omologante della società. Il tentativo di cancellare la Sinistra ci parla anche e soprattutto di questo. La sfida è questa. E dobbiamo vincerla.
19/02/2008
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18 feb 2008
Rassegna 17/18 febbraio 08
Aborto, questione politica
Dalla Sinistra Arcobaleno un segno è venuto, con le prese di posizione di questi giorni. Ovviamente anche qui ci sono opacità. C'è però lo spazio di un confronto, e di un conflitto, perché c'è una trama di relazioni politiche tra donne che lo sta attivamente costruendo.
Riprendo quanto abbiamo scritto in un testo presentato all'Assemblea del 10 febbraio al Farnese: «Mai come oggi è giusto e imprescindibile che sia la donna decidere della procreazione e della nascita. Potrà consigliarsi, potrà ascoltare il medico ma la prima e l'ultima parola sarà soltanto sua. Oggi che nelle istituzioni, nei partiti, nell' informazione sono troppe e assordanti le voci maschili che pretendono di dettare legge, o imperativi etici, ignorando la parola femminile; quella dell'esperienza, come quella politica». Riconoscerlo, vuol dire dare valore e priorità alla parola femminile nella sfera pubblica e politica. Solo così si farà chiarezza. Rispetto a chi mena fendenti ideologici, mettendo in conto di colpire Silvana, una di noi, esposta, a nudo, al giudizio pubblico, divenuta, suo malgrado, bersaglio e simbolo del rifiuto maschile della libera responsabilità femminile. E rispetto a chi si rifugia nel «No alle strumentalizzazioni», per il timore, del tutto simile, di affidarsi all'autorevolezza della parola femminile.
Non c'è da registrare un «ritorno» del femminismo, vecchio o nuovo. E' il momento di verificare se da parte degli uomini, innanzitutto con ruoli politici verrà chiarezza, nelle parole e negli atti. Di un segno, o dell'altro.
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Una delle novità principali dell'Intesa, così come proposta dalla ministra, prevede che la cosiddetta «pillola del giorno dopo» debba poter essere prescritta non soltanto nei consultori ma anche nei Pronto soccorso e dalla guardia medica. Sembrerebbe scontato che la «contraccezione d'emergenza» possa essere disponibile in tutte le strutture aperte 24 ore su 24, eppure non è così. Perché quasi sempre i medici obiettori all'Ivg trattano il farmaco come fosse un abortivo, rifiutandosi di prescriverlo. Per avere una misura del fenomeno, si noti che nel 2005 risulta aver opposto obiezione di coscienza il 58.7% dei ginecologi italiani, il 45.7% degli anestesisti, ed il 38.6% del personale non medico. In particolare i ginecologi obiettori sono il 63,1% del totale al Nord, il 70,3% nell'Italia centrale, il 50% nel Meridione e il 43,8% nelle isole.
Non potendo diminuire ovviamente queste percentuali, l'Intesa da siglare nella Conferenza Stato-Regioni si limita solo a stabilire che ci sia almeno un medico non obiettore ogni Distretto sanitario, cioè ogni 60 mila abitanti, in modo da distribuire uniformemente il servizio sul territorio e garantire l'applicazione della legge 194.
Per il resto il patto vincolante con le Regioni punta molto alla prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza. In primo luogo aumentando il numero dei consultori familiari presenti sul territorio e potenziandone il personale. Inoltre chiede che vengano garantiti orari adeguati e spazi dedicati agli adolescenti. Per loro e per le donne immigrate, le fasce maggiormente a rischio - e comunque per i gruppi sociali meno abbienti - l'Intesa prevede un miglioramento dell'informazione contraccettiva a partire soprattutto dalle scuole, e la distribuzione gratuita nei consultori di farmaci anticoncezionali. Infine ricorda che va assicurato l'anonimato del parto, per ridurre il rischio di abbandono dei neonati o di infanticidio. Il documento messo a punto dai tecnici del ministero della salute però si prefigge anche di offrire i migliori servizi di diagnosi prenatale in modo da evitare il ricorso tardivo all'aborto terapeutico.
Ma Livia Turco ieri ha anche usato molti argomenti dialettici per difendere la sua posizione e, partecipando ad una video-chat organizzata sul sito dell'Unità e moderata dal direttore del quotidiano Antonio Padellaro, ha detto chiaro e tondo almeno due cose: che i temi etici non vanno espunti dalla campagna elettorale, come sostiene invece Walter Veltroni, e che la Chiesa «oggi è poco amorevole verso la vita di tutti i giorni delle persone». Da credente quale è, ritiene infatti che l'inclinazione delle gerarchie cattoliche a proporre «un corpo compatto di temi rispetto al quale è difficile esercitare mediazione», «non sia molto produttiva» per la stessa comunità cattolica. Perché non fa altro che aumentare la distanza dalla vita reale delle persone.
Non una rivoluzione, insomma, quella proposta ieri dalla ministra uscente della sanità. Eppure sufficiente a far scattare la reazione dell'Udc e di An, di nuovo come un sol uomo contro «l'inaccettabile blitz di Livia Turco».
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Dal punto di vista dello Stato di diritto, che cosa è accaduto a Napoli?
Un fatto di una gravità eccezionale, che minaccia un cardine fondamentale del nostro ordinamento. L'intera struttura della nostra democrazia, e di tutte le democrazie occidentali, si basa sul concetto di persona, sul rispetto della persona, sulla dignità della persona. E' precisamente su questa base che la Costituzione italiana segnò il passaggio da uno Stato totalitario a uno Stato democratico: stabilendo che la persona e i diritti della persona vengono prima dello Stato, e capovolgendo così la concezione fascista, che anteponeva lo Stato alla persona. Ed è su questa base che sulla Costituzione si creò il consenso di tutte le forze politiche, il concetto di persona essendo patrimonio sia della tradizione cattolica che di quella laica. La formulazione di Togliatti, «il fine di un regime democratico è quello di garantire un più ampio sviluppo della persona umana», mise tutti d'accordo. E a distanza di sessant'anni, ritroviamo lo stesso principio alla base della Carta europea dei diritti, che all'articolo 1, intitolato «Dignità umana», recita «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». E' questo principio fondamentale che è stato violato dal blitz di Napoli.
E la privacy? Il Garante oggi ha avviato un'indagine sui fatti di Napoli.
Giustamente. Pare che a quella donna abbiano addirittura chiesto il nome del padre del concepito! Con quale diritto? Qui c'è chiaramente una colpevole mancanza di consapevolezza sui limiti di un intervento di polizia. La tutela della riservatezza è una soglia sulla quale qualunque intervento si deve fermare. Lo dicono con chiarezza, di nuovo, sia la nostra Costituzione sia la Carta dei diritti europea. Non finisce qui. Col blitz di Napoli è stato violato un altro articolo fondamentale della Costituzione, l'articolo 32, che stabilisce il diritto di ciascuno all'integrità della propria persona «fisica e psichica»: se io mi svegliassi dopo un intervento e mi trovassi di fronte la polizia che mi interroga, mi ci vorrebbero anni per ritrovare la mia integrità psichica. E ancora: nel caso di Napoli, a me pare che si possa parlare di vero e propro trattamento inumano e degradante. Credo proprio che sia necessaria un'inchiesta rigorosa. E una riflessione seria: corriamo il rischio di una regressione a dir poco inquietante della civiltà giuridica e non solo giuridica: se pensiamo che la dichiarazione di Roosevelt annoverava fra le quattro libertà fondamentali la libertà dalla paura...
La 194 è ormai, e non da oggi, esplicitamente sotto attacco, con l'argomento che anche il feto è persona.
Della 194 nessuno osa negare che sia una buona legge, che ha fatto diminuire gli aborti e ha fatto scomparire quei luoghi sinistri in cui prima si risolveva il problema clandestinamente. Ce n'era uno nella mia città, quand'ero piccola, che pudicamente chiamavano «la fabbrica degli angeli». Quanto alla personificazione del feto, dico solo che mi piacerebbe che qualcuno si occupasse dei nati con lo stesso zelo con cui si occupa dei non-nati. Giusto Napoli è piena di bambini lasciati alla strada e alla delinquenza, ma su quelli nessuno invoca moratorie.
L'altro, Walter Veltroni, difende la legge 194 perché «ha funzionato contro l'aborto e per una maternità consapevole» e semmai «si può lavorare per aumentare gli interventi sulla prevenzione». Avrà risposto, il segretario, alle aspettative della ministra uscente Livia Turco che chiede al Pd di essere «inequivoco sulla difesa e la piena applicazione della legge 194», perché «è una scelta politica»? La strumentalità con cui, in campagna elettoale, viene affrontata la questione dell'aborto nulla ha infatti a che vedere con il parlarne o meno. Ma, appunto, su quel che accade intorno alla 194, dalle campagne per la moratoria ai blitz della polizia, il calcolo elettoralistico ha spesso la meglio. Il leader del Pdl, che deve anche cercare di tenere sotto controllo Giuliano Ferrara - ieri lo ha «lanciato» come «fantastico sindaco di Roma» escludendo che si presenterà alle politiche - cerca di barcamenarsi, trovando una posizione sufficientemente ambigua che possa essere accettata dai vescovi che fanno il tifo per Casini, dai soci del suo listone e soprattutto dagli elettori e dalle elettrici. Meglio sarebbe, dunque, per il Cavaliere, parlarne il meno possibile. E così Veltroni pensa anche lui a tenere insieme le anime del Pd e a pescare al centro, terreno di caccia per i due partitoni.
Il centro non sta a guardare. E non opta per la reticenza. Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, che ormai si è acconciato a correre da solo o accompagnato da altri scampoli di Dc, si trova anche lui a difendere la legge 194. Perché, afferma, «al mondo cattolico non serve proporre di riformare una legge che è il massimo momento di equilibrio possibile» e «se i cattolici ponessero la questione in parlamento avremmo una legge ancora più permissiva». Semmai, la 194 «va applicata in tutte le sue parti», aggiunge Casini, più o meno come Berlusconi e Veltroni, però sfidandoli: «E' troppo comodo dire, come fanno nel Pd e nel Pdl, che i temi eticamente sensibili devono restare fuori dalla campagna elettorale. Invece, devono starci, perchè il legislatore di queste cose, come fecondazione e aborto, deve occuparsi». Non è una posizione sorprendente. Il leader dell'Udc ripete quanto sostenuto quando il Foglio ha lanciato la «moratoria». Un'iniziativa, quella di Ferrara, che il presidente della Cei Angelo Bagnasco definì «lodevole» auspicando una revisione della legge, ma senza scommettere sulla possibilità di modificarla. Quello della «piena applicazione» è il punto di partenza della chiesa.
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repubblica 18_02
Rimini, gli stupratori erano una decina, tutti minorenni
e "amici" della vittima. Tra loro c'era anche il fidanzatino
Violenza sessuale di gruppo
su una ragazza di 15 anni
RIMINI - Una ragazza di 15 anni è stata violentata da una decina di giovani che considerava suoi amici, tutti minorenni e di "buona famiglia". Tra gli stupratori anche il fidanzatino della vittima. La violenza ha avuto luogo a Rimini e la notizia è stata data da un giornale locale.
Il Corriere Romagna parla di un gruppo scatenato che ha costretto la ragazza ad atti sessuali contro la sua volontà, nonostante il suo pianto disperato. La vittima ha tenuto a lungo nascosto l'orrore ma poi è riuscita a confidarsi con i genitori che hanno sporto denuncia.
Sui fatti, che risalgono alla scorsa estate, è in corso un'indagine della Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Bologna, competente per territorio. Grazie alle indagini svolte dalla Questura di Rimini, sarebbero già sette i ragazzi identificati: alcuni si vantavano in giro delle loro "gesta".
(18 febbraio 2008)
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LIBERAZIONE QUEER
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16 feb 2008
Rassegna 16 febbraio 2008
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Liberazione 16/02/08
Contrastiamo l'abitudine a pensare che sui temi essenziali che riguardano la nostra vita, le nostre esperienze che si fanno corpo e anima, noi donne e uomini comuni fatichiamo a prendere una decisione consapevole
Contrastiamo l'abitudine a pensare che sui temi essenziali che riguardano la nostra vita, le nostre esperienze che si fanno corpo e anima, noi donne e uomini comuni fatichiamo a prendere una decisione consapevole. Osserviamo che in una società di esperti hanno autorevolezza lo scienziato, il filosofo, il teologo, il giurista e recentemente il bioeticista, tutti "rigorosamente" di sesso maschile, mentre noi donne non abbiamo parola pubblica. Ma oggettività scientifica e soggettività non sono mondi separati e le tecnologie che riguardano la vita e la morte sono oggi tali da modificare la percezione, il senso e quindi la lettura che noi diamo di esse. Dal concepimento al morire, le opportunità (e i rischi!) offerti dalle biotecnologie mediche ci obbligano singolarmente e collettivamente a operare scelte e mettere in atto decisioni spesso difficili. Ad esse la scienza contribuisce in termini di conoscenza e ampliamento delle possibilità. Ma l'ultima parola spetta alla donna all'uomo che di quelle scelte vivranno le conseguenze. Noi contrastiamo la violenza di un'etica dei principi indiscutibili e astratti con l'etica della responsabilità e denunciamo che il vuoto lasciato dall'assenza di una cultura laica delle istituzioni è riempito dalla Chiesa e dai codici deontologici delle associazioni e/o corporazioni degli esperti, scientifici e non, che dettano la propria legge.
Laura Eduati
«Ratzinger vuole islamizzare la religione cattolica per ridarle la forza teocratica dei secoli passati
Laura Eduati
«Ratzinger vuole islamizzare la religione cattolica per ridarle la forza teocratica dei secoli passati. Ma nessuna legge risolve i problemi morali». Tra i massimi intellettuali spagnoli contemporanei, basco di nascita e fondatore del movimento civico Basta ya! al fianco delle vittime dell'Eta, il filosofo Fernando Savater ama gettarsi nel dibattito politico col sorriso bonario di chi la sa lunga. Senza risparmiare giudizi tranchant : «Chi appoggia la violenza armata è assimilabile ai nazisti». La nuova frontiera politica del professore di Etica alla Complutense di Madrid si chiama "Uniòn Progreso y Democracia", partito fondato dalla ex socialista Rosa Dìez con il supporto di intellettuali come il peruviano Mario Vargas Llosa e Antonio Elorza. Savater non si candida, ma fa il tifo per una formazione «che prende il meglio dai socialisti e dai popolari» e cioè la salvaguardia dell'unità del Paese, la laicità dello Stato («bisogna abolire i finanziamenti alla Chiesa») e l'aumento delle spese militari. Il partito dei professori correrà contro Zapatero e Rajoy alle elezioni del 9 marzo, un mese in anticipo rispetto alla data italiana: «Noi spagnoli siamo diventati più laici degli italiani. Berlusconi potrebbe vincere? E' sorprendente, in Italia non ho mai trovato qualcuno che voti per lui».
Negli ultimi anni, e non soltanto in Spagna, le questioni etiche occupano un luogo preponderante nella politica. La Chiesa cattolica ha deciso di scendere direttamente in campo contro aborto, eutanasia, matrimoni gay. I vescovi spagnoli hanno persino chiesto agli elettori di non votare i socialisti. Cosa ne pensa?
Il dibattito riguarda le misure legali per permettere la libertà di coscienza etica. Nessuna legge risolve i problemi morali. La legge sulle nozze gay, per esempio, permette ad alcune persone di trovare una via legale alle proprie esigenze, poi ciascuno faccia come vuole. Questo però non impedisce che l'aborto, non più penalmente perseguibile, continui a porre una questione morale che deve essere risolta all'interno della coscienza di ciascuno attraverso l'esercizio della libertà di scelta. Il vero dibattito riguarda invece il modo nel quale, in una società dove esistono morali differenti, possano esserci leggi comuni perché ciascuno possa esercitare la propria libertà senza imposizioni di nessun tipo.
Come si spiega che, dopo anni, i cattolici si siano risvegliati e pretendano di modificare leggi come quella sull'aborto?
Una cosa è l'etica e una cosa è la religione. I vescovi, il Papa e i cattolici parlano da un punto di vista religioso. L'etica invece non è religiosa. Certamente i cattolici hanno un'etica, ma questa proviene dal dogma religioso. Per quello che posso capire, a partire da Karol Wojtyla si è messa in moto una chiara involuzione. La Chiesa sta retrocedendo rispetto all'esperienza del Concilio Vaticano II dove per la prima volta nella storia ecclesiastica venne riconosciuta la libertà di coscienza. Ora tornano indietro, c'è una specie di contagio con il mondo islamico, i cattolici invidiano la fede e e la forza teocratica dei musulmani. Penso che Ratzinger voglia islamizzare la religione cattolica ridandole la forza teocratica dei secoli passati.
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Laura Eduati
Nel 2004 Zapatero promise di far diventare la Spagna più progressista, più moderna e più laica
Laura Eduati
Nel 2004 Zapatero promise di far diventare la Spagna più progressista, più moderna e più laica. Ci è riuscito?
(ride). Per alcuni aspetti sì, per altri meno. Il governo ha fatto buonissime cose come ad esempio la legge sulla dipendenza (finanziamenti per la cura dei disabili e degli anziani, ndr) e la legge per l'uguaglianza di genere. Poi però ha assunto un atteggiamento reazionario nei confronti dei nazionalismi e delle questioni territoriali. Credo che oggi i nazionalisti, anche se si dicono di sinistra, sono i più reazionari di Spagna e disgraziatamente, per ragioni elettorali, i socialisti li hanno appoggiati. Questo non ha niente di moderno né di progressista. Quindi credo che nel progetto di Zapatero vi siano state luci e ombre. E per noi baschi, ha riservato sicuramente più ombre.
Il nazionalismo è una malattia?
No di certo! E' una posizione politica come tante altre, affine ad integralismi come la xenofobia e altre misure discriminatorie, contro la cittadinanza e la modernità. Si tratta di un tentativo di ritornare alle proprie radici invece di avanzare verso i diritti e il futuro. In Spagna il nazionalismo è sempre stato l'ostacolo maggiore per la costruzione di uno Stato moderno, fin dal secolo XIX con le guerre carliste.
La difesa delle radici non può in qualche modo costituire una ricchezza nel mondo globalizzato?
Gli esseri umani hanno gambe, non radici. Le radici sono proprie delle piante e delle verdure che non si possono muovere. Noi siamo stati fatti con delle gambe per camminare in giro per il mondo. Le tradizioni sono spesso inventate mentre i rituali antichi sono crudeli, atroci e discriminano le donne.
La diversità umana esiste, ci piacciono vestiti e cibi diversi, ma convertire questo in un progetto politico e passare dalla cittadinanza all'etnia, ecco, questa mi pare una deriva reazionaria.
Dunque come si può risolvere il conflitto basco? Semplicemente incarcerando gli indipendentisti?
Il conflitto basco si risolve lottando politicamente contro il nazionalismo. All'interno del conflitto ci sono due elementi: il terrorismo e l'indipendentismo. Per il primo basta la polizia, per il secondo una buona politica anti-nazionalista.
Non è autoritario mettere fuori legge un partito come Batasuna semplicemente perché non condanna gli attentati?
Appoggiare la violenza non è un reato di opinione. Il nazismo, la xenofobia, la giustificazione della violenza armata non sono opinioni e dunque non entrano nella libertà di espressione. Qualcuno ha detto che il parlamento è una sorta di guerra civile sospesa che si conduce attraverso dibattiti spesso accesi, discussioni e votazioni. Ma se si decide, come fanno gli indipendentisti baschi, di stare in questa guerra civile virtuale e poi anche per le strade appoggiando la violenza armata, questo va contro la dialettica politica. Se lasciassimo loro la libertà di espressione allora dovremmo smettere di perseguire l'ideologia nazista e razzista.
Il dialogo con l'Eta è stato dunque un errore da parte di Zapatero?
Non del tutto, ha sbagliato quando ha intavolato una negoziazione politica. Mi sembra normale e giusto che il governo discuta con l'Eta sulla fine della violenza e dunque del destino dei detenuti politici e delle armi, cioè della fine della lotta armata. Ecco perché all'inizio appoggiammo Zapatero, credevamo che sarebbe stata la volta buona. Ma poi ha commesso un errore, ha convertito una banda armata in interlocutore politico con diritto a reclamare questioni di tipo statutario e costituzionale.
Lei è uno dei fondatori del movimento Basta ya! dal quale è nato un nuovo partito guidato dalla ex socialista Rosa Dìez, in corsa per le elezioni del nove marzo. Serviva un nuovo partito?
Nella piattaforma civica Basta ya! militano persone che non sono d'accordo né con il negoziato dell'Eta voluto dai socialisti, né con le proposte poco laiche dei popolari. L'ora di educazione civica introdotta da Zapatero è un'ottima cosa ma per i popolari è la peste. Dunque ci sentivamo orfani politicamente e ci eravamo ridotti a votare in bianco. Ecco perché abbiamo voluto un partito che difenda l'unità dello Stato ma che allo stesso tempo sia laico. Abbiamo preso il meglio dei partiti già esistenti. Ci dichiariamo progressisti, e pensiamo che il progressismo non sia patrimonio esclusivo della destra o della sinistra. Così come ci sono elementi reazionari a sinistra, come l'appoggio al regime cubano, ed elementi reazionari nella destra.
Spagna e Italia affrontano insieme le elezioni generali, e qui è probabile che vinca un'altra volta Berlusconi...
...sorprendente! Vengo spesso in Italia e non ho mai incontrato una persona che mi dica: ho votato Berlusconi. Non riesco a capacitarmi.
Negli ultimi anni la Spagna ha preso una rincorsa e cresce molto dal punto di vista economico. Ma credo che gli spagnoli siano molto più avanzati rispetto alla laicità. Anche da noi i vescovi si intromettono nel dibattito politico ma riescono ad ottenere molto meno.
Forse dipende dalla capacità dei politici di porre un freno alle richieste della Chiesa?
Se è vero che Zapatero e Rajoy si sono impegnati a non cambiare le leggi più controverse soltanto perché disturbano i vescovi, è altrettanto vero che nessuno dei due toccherà mai il Concordato con il Vaticano che risale all'epoca franchista. Per esempio la Chiesa cattolica ha la tutela spirituale dell'esercito ed esiste un corpo castrense di preti militari.
Bisognerebbe abolire il finanziamento alla Chiesa cattolica?
Naturalmente. E' assurdo che continuiamo a lamentarci dei preti quando non facciamo nulla per cambiare il rapporto che ci lega col Vaticano. Gli spagnoli non dovrebbero finanziare la Chiesa, così come la religione non dovrebbe entrare nelle scuole.
16/02/2008
Oggettività scientifica e soggettività non sono mondi separati ma l'ultima parola
spetta alla donna e all'uomo che di quelle scelte vivranno le conseguenze
L'ultima parola è la nostra!
Le questioni eticamente sensibili diventano così strumenti che mirano a fare dei corpi di uomini e donne le nuove " res publicae ", su cui e attraverso cui arrivare alle "nuove sintesi" politiche che spesso avvelenano la civile convivenza e il quadro democratico
Questo sta accadendo: ieri sulla legge 40, oggi sulla 194, la moratoria, la lista di Ferrara e l'incursione all'ospedale di Napoli!
Riproponiamo l'autonomia e la libertà di una donna di scegliere per se stessa anche quando è "uno e due contemporaneamente", cioè quando è gravida, affermando che è portatrice di una responsabilità che ne fa un soggetto morale capace di compiere la scelta di essere o non essere madre e di interrogarsi sul senso e la qualità di quella vita che ha deciso di mettere al mondo.
La Chiesa Cattolica ha riconosciuto un'anima alle donne nel 1431! Quanti secoli ancora per essere riconosciute soggetti morali?
Denunciamo la voluta confusione che ha animato il recente dibattito sull'obbligo di rianimazione dei feti vitali anche in presenza di una decisione contraria della madre. Si sono confuse questioni diverse: aborto terapeutico e nascita prematura.
Aborto terapeutico e nascita prematura stanno su piani diversi, hanno ricadute ed effetti differenti, le cui responsabilità non sono del tutto chiare dal punto di vista della legge.
Nel primo caso il riferimento è la legge 194 dove in nome del diritto alla salute della madre, ed in presenza di una grave malformazione del feto, la legge consente alla donna di porre fine a quella vita.
Nel secondo caso siamo in presenza di un trattamento terapeutico su un "minore" già nato che non è in grado di esercitare quel "consenso informato" di cui il medico ha bisogno per agire sul corpo del paziente e che è l'espressione della autonomia di scelta di ogni cittadino/a sancita dalla Costituzione.
Tale questione non riguarda la 194 ma il diritto di limitare i trattamenti di rianimazione e di sostegno vitale
Un feto di 4-5 mesi, può esercitare questo diritto? La risposta è evidente: no! Allora chi lo fa per esso? Chi è il soggetto morale che lo può fare? Una legge astratta dello Stato in nome di un'etica dei principi, un codice deontologico medico che si fa legge o la donna che l'ha nel suo corpo (quel feto è parte di essa) e la cui etica della responsabilità le consente di coniugare i fatti, che inaspettatamente le vengono presentati, con i valori che fino a quel momento l'hanno conformata?
Noi rispondiamo che quella donna che ha dolorosamente scelto di interrompere a cinque-sei mesi dall'inizio, una gravidanza desiderata è l'unica autorizzata a parlare e a prendere la decisione.
proponenti
Elena Del Grosso, Maddalena Gasparini, Eleonora Cirant, Lea Melandri
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dal corriere
Aborto, la fuga delle donne
Interruzione di gravidanza, strutture in crisi «Attese e umiliazioni». E tante vanno all’estero
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NOTIZIE CORRELATE
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I numeri della legge:la scheda
«Le prenotazioni per la legge 194 sono esaurite. Riprenderanno il 19 febbraio dalle 11 alle 12». Così la segreteria telefonica dell’ospedale Macedonio Melloni, tra i più importanti di Milano. Inutile meravigliarsi. Prendere un appuntamento per interrompere la gravidanza è solo l’inizio dell’odissea che le donne devono affrontare per abortire oggi in Italia. Un percorso a ostacoli tra ambulatori aperti solo un’ora alla settimana, accettazioni a numero chiuso, colloqui, visite ginecologiche ed ecografie che costringono ad andare in ospedale anche quattro volte, liste d’attesa che superano i 15 giorni almeno in un caso su due, l’insistenza dei volontari del Movimento per la vita in corsia, umiliazioni emblematiche come il cartello con la scritta «Interruzioni di gravidanza» appeso ai lettini delle donne in procinto di abortire al Niguarda, eliminato solo dopo l’intervento dei sindacati dell’ospedale milanese. L’irruzione della polizia al Federico II di Napoli dopo un aborto terapeutico è la punta dell’iceberg di un fenomeno che spinge sempre più donne a rivolgersi a cliniche estere. In fuga dall’Italia per abortire.
I viaggi dell’aborto
«Are there a lot of italian women coming here? », «Yes. Lately even more». Alla domanda se ci sono numerose italiane che prendono un appuntamento, la centralinista della Leigham Clinic non ha dubbi: «Si. Ultimamente sempre di più». La clinica a sud di Londra è diventata uno dei punti di riferimento delle donne che con 780 sterline possono interrompere la gravidanza nel giro di una settimana. Un numero che non ha eguali in Europa. Lo dimostrano le statistiche del ministero della Salute inglese. Con l’arrivo in Gran Bretagna di una donna ogni due giorni, l’Italia è in cima alla classifica dei viaggi per abortire, seconda solo all’Irlanda (dove le Ivg sono illegali ameno che non siano in pericolo la vita e la salute della donna). Avverte Vicky Claeys, direttore per l’Europa dell’International Planned Parenthood Federation, il network mondiale per la tutela della maternità e della salute sessuale con sede a Bruxelles: «Il clima che si respira in Italia è preoccupante. La legge c’è. Il problema è la sua esecuzione: abortire sta diventando quasi impossibile ». Due le conseguenze dietro l’angolo, almeno secondo Bruxelles: «Chi ha i soldi va all’estero, le altre rischiano di tornare agli aborti clandestini». Tra i medici contattati spesso dall’Italia, ginecologi famosi come il londinese Kypros Nicolaides e il parigino Yves Ville. Le donne prendono il volo verso Londra e Parigi soprattutto per le interruzioni terapeutiche di gravidanza (quelle dopo i tre mesi, qui vietate di fatto dalla 24ma settimana). Ma sono in crescita anche quelle che si dirigono in auto in Svizzera per prendere la pillola Ru486 non ammessa in Italia e ottenibile in Canton Ticino con 400 euro. «Ne arriva almeno una a settimana solo da noi—ammette il ginecologo ostetrico Jürg Stamm, balzato spesso all’onore delle cronache per la sua attività al centro di fertilità che guida all’ospedale «La Carità » di Locarno —. Io di solito aiuto le donne che vogliono un figlio e non riescono ad averlo. Ma l’Ivg non è un reato: perché, dunque, negare alle pazienti la possibilità di abortire senza entrare in sala operatoria? ».
Anti-abortisti in corsia
Tra i motivi che spingono ad andarsene, anche le difficoltà con cui spesso deve fare i conti chi si rivolge agli ospedali. Al San Paolo di Milano gli appuntamenti per le Ivg vengono presi un’ora alla settimana il venerdì, dalle 13.30 alle 14.30. Al Buzzi di via Castelvetro gli sportelli sono aperti il mercoledì e il venerdì alle 7.30, ma la segreteria telefonica avvisa già: «Vengono accettate le prime 16 donne». Altra città, nuove situazioni. Agli ospedali Riuniti di Bergamo la sede del Movimento della vita è all’interno del reparto di Ostetricia e Ginecologia guidato dal 2000 da Luigi Frigerio (vicino a Comunione e Liberazione). Al San Matteo di Pavia se n’è appena andato via anche l’ultimo non obiettore: gli aborti li fanno due giovani con borsa di studio. A Desenzano c’è un solo medico che esegue le Ivg (quando è malato o in vacanza ne deve arrivare uno da fuori). Stesse scene anche fuori dalla Lombardia. Al Ca’ Foncello di Treviso c’è un solo ginecologo su 15. E, proprio in Veneto, è atteso a settimane l’arrivo in consiglio regionale del progetto di legge di iniziativa popolare che prevede, tra l’altro, la presenza di volontari antiabortisti negli ospedali. Il consigliere di Alleanza Nazionale, Raffaele Zanon, ha chiesto di mettere in discussione la proposta subito dopo l’approvazione del Bilancio 2008. Ancora. «In Basilicata la percentuale di camici bianchi che non praticano aborti è vicina al 93%, anche se i dati del ministero della Salute, fermi al 2005, li danno al 42%—denuncia il radicale Valerio Federico —. All’ospedale San Carlo di Potenza raggiungono la quota del 95%».
Le liste d’attesa
In Italia, insomma, in media sei ginecologi su dieci sono obiettori, con punte del 70% al Centro. «Così hanno più chance di fare carriera e diventare primari, ma i tempi di attesa per le pazienti si allungano», fanno notare al Ced, uno dei principali consultori laici di Milano. Per almeno una donna su due trascorrono più di due settimane tra il certificato del medico e la data dell’intervento. Il 25% deve aspettare fino a 15 giorni. E adesso con la fuga all’estero per le Ivg si rischia un déjà vu di quanto già successo con la fecondazione assistita (a quattro anni dall’approvazione della legge 40, «I viaggi per la provetta» sono al centro proprio oggi di un convegno organizzato da SOS Infertilità allo Spazio Guicciadini di Milano). Non finisce qui. C’è chi teme che mentre negli ospedali pubblici si moltiplicano le difficoltà per abortire, nelle cliniche private prendano piede le interruzioni di gravidanza clandestine. Mascherate da aborti spontanei. Da codice penale.
Benedetta Argentieri, Simona Ravizza
16 febbraio 2008
Inserito dal Collettivo Pachamama alle 14:09 0 commenti
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