Davide Varì Chiara Lalli, docente di logica e filosofia della scienza alla Sapienza - autrice di "Dilemmi della Bioetica", Liguori Editore - interviene nella discussione nata dopo la presa di posizione dei quattro direttori delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia delle facoltà di Medicina delle università romane che invitano a rianimare il feto abortito a prescindere dalla volontà della madre. «E' un attacco politico - dichiara Lalli - il bersaglio è la 194».
«Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio». Cosa vuol dire? Cosa cambierebbe rispetto alla 194? Niente. Perché l'articolo 7 della legge 194 afferma testualmente: «Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l'interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell'articolo 6 (ovvero di grave pericolo per la vita della donna) e il medico che esegue l'intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto».
Dunque, nessun attacco alla 194? Non in modo onesto e diretto. L'attacco e il rischio risiedono nel voler trasformare le indicazioni sui prematuri in legge o linee guida. Gli interventi e le decisioni vanno prese caso per caso, in base alla patologia.
In concreto? Per esempio un grande prematuro può trovarsi in condizioni simili sia 22 o che a 28 settimane; così come per gli anencefali la situazione non cambia con l'avanzamento della gestazione. Non basta l'età gestazionale per decidere cosa fare e se rianimare, e sarebbe assurdo stilare un documento con tutti i casi possibili. Lo spazio decisionale del medico è una parte buona della 194 che va difesa. La battaglia, ancora una volta, è mal posta anche se il bersaglio è chiaro.
Il bersaglio è ancora una volta la 194? Certo, è un attacco politico. Sul piano operativo sarebbe sufficiente adottare la carta di Firenze del 2007 (redatta come regolamento etico), stilata da importanti neonatologi insieme a molte associazioni. E sarebbe fondamentale ricordare che circa il 30-35% dei neonati prematuri (22, 23 o 24 settimane di gestazione) muore in sala parto. Circa il 45% è sottoposto a cure intensive e muore durante la terapia. La sopravvivenza è del 25%; ma il 95% dei sopravvissuti ha gravi handicap cerebrali. Quanto riportato sul "prendere tempo" (nel documento che ha avviato le polemiche) è un orrore umano morale e medico. Prendere tempo significa protrarre una agonia? Il tempo non è moralmente neutrale ed invocarlo schiaccia e ignora i sentimenti dei genitori, incastrati in un meccanismo delirante di intubazioni forzate e di terapia intensiva.
Da qualche tempo si sente riparlare dei valori religiosi anche in ambito medico-scientifico. Quali rischi? Il rischio maggiore è quello di immettere valori personali in una pratica che dovrebbe tendere a valere per tutti e a considerarli dati "oggettivi".
Perchè parla di valori personali? Personali perché la religione riguarda la sfera personale e intima, non quella pubblica nè, tantomeno, quella medica e scientifica. Che l'embrione sia persona oppure no è un giudizio morale non medico. Vorrei inoltre ricordare che il cattolicesimo è una delle religioni, non "la Religione". Per questo motivo è così importante il valore della laicità. Non per una moda sciocca ed edonista, ma perché garantisce uno spazio entro il quale ognuno sceglie secondo le proprie preferenze a patto di non danneggiare i terzi. Se io faccio il pompiere non posso dire che la mia religione mi impedisce di spegnere un incendio in un luogo sconsacrato. Dunque, se faccio il medico devo prendere in carico anche i miei doveri, oltre che lo stipendio.
E' una critica ai medici obiettori? Io mi chiedo: essere Testimone di Geova è compatibile con la professione di medico? Se non faccio entrare le mie credenze direi di sì. Ma se dico non ti faccio una trasfusione perchè è contraria alla mia religione, allora qualche problema di compatibilità si pone. Dunque, se il medico è convinto che l'embrione è persona potrebbe anche opporsi alla contraccezione o alla pillola del giorno dopo; e di fatto accade spesso. Senza contare che la 194 ammette l'obiezione di coscienza, ma pervertendo il suo significato profondo. L'obiezione in senso stretto prevede rischi personali (perfino il carcere); invece oggi chi fa l'obiettore riceve una promozione.
Testamento biologico, eutanasia, ora aborto. Ultimamente si è creato un fronte di medici e di politici pronti alle barricate. Che ne pensa? Nonostante le dichiarazioni sulla libertà come valore fondamentale, è diffusa l'idea che le persone non siano capaci di scegliere cosa sia meglio per loro. Lo Stato vuole scegliere qual è il nostro bene e dirci se e come morire, come curarci, come vivere. Il tratto comune è l'attacco alla libertà personale e alla autodeterminazione. E' bene anche ricordare che se c'è la libertà di scegliere nessuno è costretto ad abortire, morire o divorziare. E' una possibilità in più e solo se ci sono più possibilità ci sono scelte morali. Se ho una sola strada da percorrere non sarà né morale né immorale: è l'unica possibilità che ho. L'alternativa al relativismo morale, che ormai dire a qualcuno "sei un relativista" è quasi un insulto, è l'oppressione e il dogmatismo.
In che senso? E' l'imposizione di un punto di vista - che sarà sempre personale -, cioè un Valore imposto a tutti. E' il peccato che diventa reato o il "secondo me è sbagliato" che diventa legge.
05/02/2008 |
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