Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

AVVISO


Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

pachamama.ferrara@hotmail.it

ci auguriamo che non venga bloccata mai più

sezioni

13 nov 2008

staffetta

Abbiamo voluto una Staffetta di donne per dire che la violenza sulle donne deve finire, non solo nelle grandi manifestazioni nelle grandi città e nei comunicati stampa che siamo costrette a scrivere quasi quotidianamente, ma anche in provincia, nei paesi, nei piccoli centri. Lo sappiamo, la violenza si esprime in tanti modi: omofobia, razzismo, pedofilia, e poi l’avvelenamento dell’ambiente… e altro ancora.

Con questa iniziativa noi vogliamo dire basta alla violenza sessuata e al femminicidio.

L’Istat nel febbraio 2007 ci ha detto che sono 14 milioni le donne oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica, che i soprusi sono commessi soprattutto dal partner e che, tra i 16 e i 50 anni, la violenza viene prima di malattie o incidenti stradali, tra le cause di morte.

Femminicidio è parola ancora assente nei dizionari della lingua italiana.
Feminisidio viene coniata a Ciudad Juarez, una città messicana ai confini con gli USA, dove dal 1993 ad oggi sono state uccise 413 donne e 600 sono scomparse.

UDI l’ha fatta propria, traducendola in femminicidio e ne ha assunto il senso politico usandola in ogni occasione: manifestazioni, volantini, comunicati.

Così, piano piano, è entrata nel linguaggio comune.

Femminicidio: cioè uccisione di donne per mano di uomini. In genere gli assassini sono fidanzati, mariti o ex, ma anche padri, fratelli, conoscenti, solo qualche volta estranei.

Era necessario dare il nome appropriato a questo fenomeno terribile, che altrimenti rischiava di passare come un qualsiasi altro fatto di cronaca nera.

Femminicidio è un reato preciso e avviene quando un uomo uccide una donna per sentirsi maschio.

Per combattere un nemico tanto violento, per contrastare ogni più piccolo germe di questa normale malattia, dobbiamo essere unite, parlare, non mettere una distanza tra noi e le altre e, soprattutto, non sentirci mai estranee o privilegiate.

Se non ti è mai capitato di prendere delle botte, non per questo puoi lavartene le mani.

Dobbiamo guardare a quella donna picchiata con altri occhi: quella donna siamo NOI.

Non possiamo pretendere che lei da sola faccia quello che noi tutte non riusciamo a fare: far smettere agli uomini di essere violenti.

Quella donna, come noi, se ha un lavoro è sicuramente precario e sottopagato, almeno rispetto a quello equivalente di un uomo; se ha una casa spesso ce l’ha insieme a un uomo e ai figli. Se poi quella donna si rivolgerà alle istituzioni, quali risposte troverà se ovunque si decide, compreso il Parlamento, le donne sono pochissime?


Esiste una nazione di donne che può apparire invisibile e senza corpo, che tuttavia noi tutte vediamo e riconosciamo ogni giorno e ogni momento, quando facciamo la fila davanti agli sportelli, quando siamo sul tram o nella metropolitana.

Oggi, NOI ci riconosciamo le une con le altre cittadine di questa nazione misconosciuta, oscurata e maltrattata.

Nazione: i Latini la chiamavano Natio, Dea della nascita.

Vogliamo riconoscerci come cittadine, pur diverse per territorio, lingua, etnie e status sociale e culturale, per affermare l’esercizio pieno e uguale del nostro diritto di cittadinanza paritaria ovunque nel mondo.

Gli uomini già si riconoscono cittadini di uno Stato nel quale tutto, ma proprio tutto, è improntato e regolato a loro misura, anche i nostri atti procreativi.

Ciascuna di noi sa chi è oggi come cittadina, quali siano i suoi diritti e le leve per affermarli. Se una donna che viene da altri paesi non lo sa, noi abbiamo cura di informarla.

Per la Staffetta, abbiamo pensato delle parole che sintetizzassero tutto questo: Lorena ed Hiina siamo noi, infatti la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne percorrerà l’Italia per un anno intero, a partire dalla giornata internazionale del 25 novembre; partirà da Niscemi, dove è stata assassinata Lorena e si concluderà a Brescia, dove è stata sgozzata Hiina. Sarà un modo di dire a tutti forte e chiaro che tu, io, noi siamo unite e diciamo basta alla violenza.

Simbolo e testimone della Staffetta, che attraverserà l’Italia passando di mano in mano, è un’anfora con due manici, così che la possano portare due donne. Questo gesto di “portare insieme” vuol proprio significare l’importanza della relazione, della solidarietà, della vicinanza tra noi su tutti i temi che ci toccano profondamente.

In ogni luogo in cui la Staffetta passerà, le due donne che l’hanno avuta in consegna la consegneranno ad altre due, pubblicamente.

Le donne che aderiscono alla Staffetta, organizzeranno iniziative pubbliche, come dibattiti, mostre, seminari, proiezioni video.

L’anfora, al suo passaggio, diventerà una testimone “viva”, perché le donne potranno infilarvi un biglietto con i propri pensieri, immagini, denunce, parole.

Tante in questi mesi hanno colto il senso profondo dell’evento che intendiamo costruire e hanno risposto, hanno chiesto di partecipare e chiesto chiarimenti.

A partire da novembre, la staffetta potrà essere seguita tappa dopo tappa, sul sito dell’Udi www.udinazionale.org e da dicembre sulla rivista Confidenze.

Roma, 27- 28 settembre 2008

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