Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

AVVISO


Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

pachamama.ferrara@hotmail.it

ci auguriamo che non venga bloccata mai più

sezioni

17 set 2008

ALLA MINISTRA CARFAGNA

Dunque, ci risiamo. Per togliere di mezzo la prostituzione l’essenziale, secondo la Ministra Carfagna, è togliere dalle strade clienti e prostitute. La stessa ricetta “inventata” con modalità bipartisan per sottrarre al nostro sguardo di persone “per bene” lavavetri, nomadi, mendicanti, extracomunitari. Se per i nomadi si scoprono sempre nuovi ponti sotto cui accatastarli, purché siano oltre la cintura delle città, fuori le mura, oltre i raccordi anulari; se per gli immigrati clandestini, e anche non, si sono inventate aberrazioni del diritto come i cosiddetti Centri di Permanenza Temporanea; se i mendicanti vengono idealmente sospinti verso novelli ospizi di mendicità che, se esistessero, costituirebbero l’unica alternativa al chiedere l’elemosina sui piazzali delle chiese nonché sui marciapiedi di recente interdetti da qualche Sindaco; per liberare le strade dalle prostitute si pensa alternativamente a quartieri a luci rosse o a compiacenti e anonimi appartamenti. Che, certo, nel pensiero della Ministra e dei suoi collaboratori, non potrebbero mai essere collocati nei quartieri di lusso ma di sicuro in qualche casermone di periferia, i cui abitanti sono abituati a queste come ad altre “brutture”. Per le prostitute si immagina insomma qualcosa che ha a che fare con la stessa filosofia che ha mosso un’altra geniale pensata di una seconda Ministra di questo governo, l’ineffabile Gelmini: il grembiulino sotto cui nascondere le differenze sociali all’interno delle scuole è fatto, a noi pare, della stessa materia delle multe e dei provvedimenti repressivi per clienti e prostitute: una materia a cui non sappiamo dare altro nome se non quello di ipocrisia, l’ipocrisia pelosa e feroce che induce le cosiddette persone “per bene” a nascondere la polvere sotto il tappeto. Senonché la “polvere” che la prostituzione rappresenta è difficilmente eliminabile, attraverso qualche “trucchetto”, dalle case delle persone “per bene”: è lì infatti che vivono di norma i clienti, quelli che intralciano il traffico bloccando l’auto per chiedere quanto, quelli che lasciano tracce visibilissime del loro passaggio per prati, androni e cortili, quelli che spesso vestono gli abiti dei censori davanti a mogli, madri, figlie, sorelle (nella miglior tradizione italica) e se ne svestono allegramente la notte, ma anche il giorno, quando si mettono in caccia di donne, bambine, ragazzini, trans. Ci sono al momento pochi uomini disposti a riflettere su questo lato della questione, cioè su se stessi e sulla propria sessualità. Noi contiamo che diventino sempre di più, che sappiano mettersi in discussione, guardare dentro di sé, trovare nella relazione (politica) tra loro il bandolo di una matassa che riconduce ineluttabilmente al loro rapporto con il proprio corpo, con la sessualità, con il corpo delle donne e dell’altro. È attraverso questo processo che possiamo sperare, un giorno, di veder ridotte le violenze sulle donne e sui bambini, la prostituzione, l’oppressione e lo sfruttamento del corpo femminile, perfino le guerre e le torture, che si fondano sulla liceità della soppressione fisica dell’altro. Non certo attraverso la repressione. O l’occultamento. Non vogliamo ricordare alla ministra Carfagna che usare il proprio corpo per calendari senza veli è un’altra forma di mercimonio: è stata una sua scelta, e - noi che siamo vecchie femministe a cui sta a cuore prima di tutto la libertà femminile - come tale la rispettiamo. Ci sentiamo però di pretendere che non ricambi quel rispetto con l’ipocrisia e la finzione, e faccia ciò per cui, presumibilmente, è stata nominata nel governo. Faccia politica e non frettolose pulizie pasquali. Perché è in questo che sta la differenza tra la repressione e la capacità di affrontare una questione complessa come quella della prostituzione e immaginare qualche soluzione. Nella politica. E, ci si lasci dire, nella politica delle donne. Quella che ci consente di denunciare il racket che sta alle spalle del fenomeno prostituzione (e che non sparirà semplicemente spostandola dalle strade alle case) e contemporaneamente di chiedere giustizia per le vittime (che non sono né i clienti, né le loro mogli, né gli abitanti delle strade interessate, ma le persone che si prostituiscono); quella che ci consente di vedere, anche, gli spazi di libertà che si possono aprire se si ridà la parola ai soggetti che l’esperienza della prostituzione la vivono e la praticano: e che, ancora una volta, non sono né i clienti, né le loro mogli, né gli abitanti delle strade interessate, ma le persone che si prostituiscono.

CENTRO DOCUMENTAZIONE DONNA FERRARA

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LETTERA DI MARINO BUZZI

E ci risiamo con le azioni punitive e con il proibizionismo che, sino ad ora, non ha mai dato un risultato utile. La cosa che mi rattrista di più è che certi italiani credano veramente che l'unica strada per ottenere sicurezza sia data dalla repressione. Abbiamo, in vari ministeri, persone che non hanno la minima idea di cosa significhi rivestire un ruolo pubblico, c'è un'ignoranza istituzionale senza precedenti. Capita così che la signorina Mara Carfagna, assessora alle Pari Opportunità con un curriculum di tutto rispetto (sesta a miss Italia, protagonista de La domenica del villaggio, conduttrice insieme a Magalli di Piazza Grande oltre alle varie partecipazioni a programmi del livello di I cervelloni e Domenica In) che nella vita non si è fatta mancare nulla (neppure un calendario senza veli) ha deciso di presentare, con grande consenso, una legge sulla prostituzione che colpisce, prima di tutto, proprio le vittime. Come uomo sono consapevole del triste ruolo del genere maschile nei confronti della prostituzione. L'uomo nasconde i propri beceri desideri con le proprie mogli (che devono rimanere “sante”) e va a ricercare uno sterile piacere con le prostitute (o con le trans). Non è neppure il desiderio di fare l'amore, è la necessità di dominare un altro essere umano. L'uomo paga per ottenere ciò che vuole, è un suo diritto, un diritto di maschio che la cultura cattolica ci ha inculcato sin da bambini. Io provo ribrezzo per questi uomini che non sono di certo pochi in questo paese bigotto e oscurantista, provo ribrezzo soprattutto perché pur di ottenere ciò che vogliono sono pronti a calpestare i diritti delle donne con cui vanno. Non si pongono il problema se queste donne sono obbligate o meno a prostituirsi, si nascondono dietro la scusa del “è una necessità”. E io dico PALLE! Il sesso non è una necessità! Il sesso è condivisione, è scambio, è piacere. Non importa che sia amore, basta che ci sia consapevolezza, rispetto e volere da entrambe le parti. Mi chiedo come questi uomini non si sentano piccoli e viscidi, qualcuno arriva addirittura a dire che lo fa per rilassarsi. Ma che uomo è? Però c'è un ma.... Un MA grande come una casa. Punire le ragazze che si prostituiscono non è giusto. Questa legge è una legge ipocrita il cui unico intento è quello di nascondere la prostituzione. Lo sfruttamento può avvenire anche per coloro che si prostituiscono in casa. E visto che in questo senso la legge non è chiara ci troviamo con l'ennesima legge truffa che ci fa credere di aver risolto il problema senza invece neppure averlo affrontato. Insomma le prostitute (e i clienti) vengono mandati in carcere e multati, le donne straniere rimandate al loro paese. Ora mi chiedo: “Come si farà, nel caso la lucciola e il cliente non vengano trovati in flagrante, a dimostrare che l'uomo stava abbordando la prostituta? Che effetto avrà questa legge sulla giustizia? Quanto ci costerà in termini di denaro sostenere i processi a queste persone? E come faremo, con le carceri al collasso, a trovare nuovi spazi? Ma come, vogliono mandare a spasso i delinquenti con un bracciale nuovo, nuovo e poi mettono le prostitute in carcere? E ancora: “Se la malavita organizzata si organizzerà facendo prostituire le proprie vittime in casa, il problema sicurezza si sposterà dalle strade ai condomini?” E come faranno i bravi italiani, così assetati di sicurezza, ad uscire di casa quando sul pianerottolo avranno prostitute, magnaccia e clienti? Insomma come può una donna che ha venduto l'immagine del proprio corpo fare una legge così violenta contro coloro che, per disperazione o per necessità, sono costrette a vendere il proprio corpo? Non sarebbe meglio agire sull'incultura maschile e machista? Non sarebbe meglio cominciare a dispensare sin dalle scuole elementari un'educazione sessuale, sentimentale e della differenza? (Difficile con il ritorno al maestro unico voluto dalla Gelmini). Non sarebbe meglio cominciare ad aiutare veramente le donne in difficoltà invece di punirle ancora? E i prossimi chi saranno? Chi sarà linciato per aver offeso il pubblico pudore? I barboni? Gli accattoni? I gay e le lesbiche? Il brutto presentimento che ho è che per le prime settimane assisteremo alla caccia alla cattiva prostituta o alla cattiva trans, le telecamere dei vari telegiornali immortaleranno l'avvenimento e poi tutto finirà, come al solito, nel dimenticatoio. Del resto c'è da stare tranquilli visto che Berlusconi, sorvolando su tutti i problemi del nostro paese, ha detto che siamo primi in Europa per detenzione di cellulari. Ah be', allora c'è da esserne orgogliosi. Signori, siamo seri. Interveniamo contro il racket della prostituzione, colpiamo i veri colpevoli e non le prostitute. Aiutiamo le ragazze che ne vogliono uscire e permettiamo alle altre di fare ciò che vogliono con il proprio corpo. Diamo loro supporto medico e permettiamo a queste persone di uscire dalle tenebre e di fare ciò che vogliono fare con dignità e serenità nel massimo delle tutele possibili. Marino Buzzi


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LETTERA DI GIOVANNA PINEDA

L'assessora alle pari opportunità Bruna Giovanna Pineda del Comune di Rovigo, critica aspramente la proposta di legge della ministra Carfagna: criminalizzare le prostitute è un'azione inutile quanto ingiusta. Non è certo persegutandone le vittime che si va ha debellare il fenomeno sempre così diffuso di tratta e sfruttamento sessuale. A farne le spese sono sempre le donne e i minori, i più deboli e indifesi, che purtroppo per assurdo vengono a subire ciò che invece spetterebbe ai loro sfruttatori e carnefici. Forse i più ignorano, e penso anche la Ministra Carfagna che spesso dichiara di voler tutelare i minori e gli indifesi, che un rimpatrio per una donna o un minore vittima di tratta o di sfruttamento sessuale per molti paesi del terzo mondo significa carcere, torture o morte. Inoltre tale azione repressiva andrà a colpire il fenomeno su strade e piazze, mentre sappiamo ormai per certo che è al chiuso, in molti privè e locali, che ormai si esercita la prostituzione, e la nostra provincia ne detiene il primato nazionale. Questa legge sembra quasi un invito ai night clubs a continuare ad agire indisturbati, tanto occhio ministra non vede, legge non duole. E' assurdo!!! Questo però, bisogna darne atto alla Ministra Carfagna, è un agire in coerenza e continuità con il resto del governo e dell'attuale maggioranza, far finta di risolvere i problemi...facendoli sparire sotto il tappeto. Ma prima o poi il tappeto sarà mangiato dai tarli e non coprirà più nulla. E questa risposta immediata, effimera e apparente che conquista il consenso veloce e populista, come l'aver mandato l'esercito nelle città per la sicurezza, proporre il nucleare per la crisi energetica e additare come capro espiatorio di tutti i problemi dalla nazione lo stranero e il diverso. Di seguito riporto il commeto del gruppo Abele, associazione che da tempo cerca di stare vicino agli ultimi e ai più deboli, ricordando che non è detto che chi scrive e chi legge vi sia escluso per sempre.


12.09.2008
Articolo di: Gruppo Abele

Multe e carcere per clienti e prostitute.
Che senso ha? Il Gruppo Abele dice no al disegno di legge Maroni-Carfagna: "E' assolutamente controproducente. La strada è pericolosa, è vero; ma non serve a niente punire le prostitute".Non risponde alle evidenze scientifiche e ai dati fino ad oggi raccolti affermare che “è soprattutto in luogo pubblico che si perpetrano le più gravi fattispecie criminose finalizzate allo sfruttamento sessuale”. È invece il luogo chiuso, l’appartamento, la casa isolata, il circolo privato dove si può violare meglio chi è fragile e sfruttato. E’ al chiuso che ci sono più minorenni e dove le donne sono di fatto più indifese per l’impossibilità di ricorrere a qualsiasi aiuto.
La strada è pericolosa, è vero. In particolare in quei luoghi isolati (boschi e periferie) dove spesso vengono spostate le donne. Ma è raggiungibile dalle forze dell’ordine e soprattutto da chi può dare aiuto, fare prevenzione sanitaria, informare che uscire dalla prostituzione forzata si può.
Rendere punibile la prostituzione in strada per le prostitute e per i clienti è assolutamente controproducente.
Chi vuol fare questo si deve prendere la responsabilità di:
- mandare nel sommerso le donne più deboli, di cui anche minorenni;
- favorire la diffusione delle infezioni sessualmente trasmissibili (sifilide, gonorrea, hiv), perché di fatto si impediscono gli interventi di conoscenza e prevenzione che sono possibili solo attraverso i contatti di strada;
- togliere alle forze dell’ordine e alla magistratura uno dei principali strumenti per contrastare le organizzazioni criminali, così come ha favorito fino ad oggi l’articolo 18 del TU sull’immigrazione;
- generare pesanti ricadute anche per ciò che concerne i clienti, sui quali va comunque fatta una seria riflessione ampia ed approfondita in termini di educazione al rapporto tra i generi. Non vanno dimenticati i suicidi conseguenti ad alcuni interventi repressivi verificatisi nel recente passato.
È evidente che il disagio che la prostituzione e la tratta creano in alcune zone della città debba essere affrontato e gestito, ma senza scorciatoie illusorie o semplicemente spostando il problema da un luogo all’altro.
In questo senso il Gruppo Abele, in collaborazione con molte altre realtà del pubblico e del privato, ha attivato un progetto rivolto alle amministrazioni di tutta la Regione Piemonte con l’obiettivo di aiutare a meglio gestire i fenomeni sul loro territorio e a contrastare efficacemente il fenomeno della tratta.

Associazione Gruppo Abele

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