Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

AVVISO


Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

pachamama.ferrara@hotmail.it

ci auguriamo che non venga bloccata mai più

sezioni

11 feb 2008

Liberazione su NO VAT

Da Liberazione del 10 febbraio 2008

Contro l'ingerenza vaticana nella politica
E contro la politica che accetta l'ingerenza

Laura Eduati
Con la manifestazione di ieri il No Vat si conferma come puro movimento sganciato dalla politica istituzionale, movimento trasversale e composito che raccoglie associazioni gay, trans, lesbo, i collettivi femministi, gli atei, gli anarchici, gli studenti antifascisti, insomma quella parte di società che dal megafono di Nicoletta Poidimani di Facciamo Breccia, il comitato organizzatore, chiede di «cancellare la Chiesa dalla storia» perché «i preti con i loro gonnelloni devono smetterla di gestire l'amore e la sessualità considerando le donne come contenitori di feti».
Ma la politica no, faccia un passo indietro. E lo conferma la richiesta di Facciamo Breccia: niente bandiere di partito in piazza. Nemmeno quelle di Sinistra Critica, che pure partecipa con lo striscione "non c'è vita nell'embrione" e vorrebbe sventolarle alla fine della manifestazione a Campo de' Fiori come ha fatto durante il tragitto qualche militante del Pdci e dei Cobas.
Diecimila i manifestanti secondo gli organizzatori, sui 1500 per la Questura. Ma il serpentone si ingrossa lungo il percorso e alla fine, probabilmente, la polizia si è dovuta ricredere. Sta di fatto che, rispetto alle due manifestazioni precedenti, quella di ieri era sicuramente più nutrita e variegata.
segue a pag. 4

Piero Bernocchi dei Cobas è entusiasta: «L'invadenza del Vaticano spinge sempre più persone al corteo No Vat

Laura Eduati
Piero Bernocchi dei Cobas è entusiasta: «L'invadenza del Vaticano spinge sempre più persone al corteo No Vat. La politica? E' naturale che non venga, terrorizzata com'è dall'apparire anti-clericale». Eppure spuntano parlamentari di Rifondazione tra le mitre di cartone "Lesbo pride" e i diavoli col "frocifisso". «Questo corteo è di movimento» commenta Titti De Simone, «meglio lasciare a loro la parola. La Sinistra l'Arcobaleno deve portare come segno distintivo la laicità, altrimenti è inutile». Con lei Elettra Deiana, Vladimir Luxuria e Imma Barbarossa.
Negli ultimi mesi sono aumentati i motivi della protesta anti-Ratzinger: dall'episodio della Sapienza all'attacco contro la 194 fino al rimprovero da parte del Pontefice, notizia di ieri, nei confronti delle politiche che cancellano la differenza tra uomo e donna.
Gay e donne nel mirino, come sempre. Ecco perché immediatamente dopo la testa del corteo sfilano le lesbiche e le femministe insieme. E sono tante le donne che chiedono di non toccare la legge sull'aborto, l'abolizione della legge 40 sulla procreazione assistita e la fine delle violenze in famiglia. Tra loro Lea Melandri, fino a poco tempo fa nel milanese Usciamo dal silenzio, Roberta Corbo di controviolenza.org e Edda Billy della Casa internazionale delle donne di Roma, tra le organizzatrici della marcia contro la violenza maschilista il 24 novembre scorso. Poco più tardi spunta Rossella Praitano, presidente del circolo Mario Mieli.
Preoccupa, poi, la moltiplicazione di aggressioni neofasciste ai danni di studenti di sinistra e omosessuali. «Il Vaticano parla, i fascisti picchiano» continua Poidimani dal sound system, chiedendo l'abolizione del Concordato firmato l'11 febbraio del 1929 proprio con il regime mussoliniano. Per i No Vat fascismo, chiesa, omofobia, oppressione delle donne e neoliberismo costituiscono un muro unico. Così al tradizionale tradizionale slogan di apertura del corteo, autodeterminazione laicità e antifascismo, sono state aggiunte le parole liberazione e cittadinanza.
Ma il No Vat è anche carnevalesco, irridente, iconoclasta. Ragazze col burqa oppure vestite da suora, mascherine di Ruini-vampiro, Ratzinger-diavolo, Binetti-queer. La new entry è Giuliano Ferrara con parrucca, contro la sua moratoria sull'aborto. Una basilica di San Pietro in foggia da deposito di Paperon de' Paperoni campeggia sul sound system, perché presi di mira sono i privilegi economici della Chiesa come l'esenzione dell'Ici. «Ratzinger paga le tasse» urlano ad una suora che si affaccia sbigottita su via Arenula, prima di chiudere violentemente la finestra.
Decine di cartelli irriverenti: "Rianimatevi il cervello", "L'unica Chiesa che illumina è la Chiesa che brucia" "Se la risposta è Dio la domanda è sbagliata". Attacco frontale, senza mediazioni politiche perché la politica ha deluso e allora tanto vale fare lo sberleffo, prendersi la soddisfazione di parlare direttamente col Papa e rinnovare uno slogan femminista degli anni '70: "Il culo è mio e me lo gestisco io".
Il corteo si indigna quando scopre che la scalinata del Campidoglio è transennata e difesa da un manipolo di agenti. «Vergogna, il municipio è un luogo pubblico!» e poi si riparte. Tanto più che, paradossalmente, l'accesso alla chiesa dell'Ara coeli è libera. Un ragazzo trascina un crocifisso di legno con catenelle infilate nella pelle dei gomiti mentre una ragazza gli lancia banconote false da 100 euro. Un coretto di ragazze canta "Il Vaticano brucia oh oh oh" e "Noi odiamo i papa-boys"sulle note di Vamos a la playa.
Corteo variegato: non soltanto gay per mano, lesbiche travestite e trans che chiedono di non essere considerati dei malati da psichiatrizzare in attesa del cambio di sesso, ma anche studenti giovani, giovanissimi, donne di una certa età, famigliole con bambini e persino cristiani evangelici come Alice di Vicenza venuta per difendere la laicità, e persone di nazionalità spagnola, americana, sudamericana e francese, a Roma per i tre giorni di dibattito organizzati al Forte Prenestino sull'omofobia, proprio in occasione del No Vat. «Fuori i preti dalle nostre mutande, dai nostri ospedali, dalle nostre scuole. Hanno venduto le nostre città alla Chiesa» continua Facciamo Breccia.
L'ingerenza della Chiesa sta tracimando gli argini, è il messaggio finale di alcuni rappresentanti del movimento, da Porpora Marcasciano del Mit agli atei razionalisti dell'Uaar. Una donna sulla cinquantina ha camminato per chilometri silenziosa, al fianco di un'amica. Appesa sulla schiena una lavagnetta di quelle che si usano in cucina per segnare la lista della spesa, con una scritta: «Il Vaticano odia le donne da sempre».
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Fulvio Fania
Città del Vaticano
Qual è l'insidia peggiore per le donne nel mondo d'oggi? Il Vaticano non sembra avere dubbi: è l'ideologia di genere, il «femminismo radicale», come lo ha definito il cardinale conservatore spagnolo Antonio Canizares, che è teologo molto amico di Ratzinger

Fulvio Fania
Città del Vaticano
Qual è l'insidia peggiore per le donne nel mondo d'oggi? Il Vaticano non sembra avere dubbi: è l'ideologia di genere, il «femminismo radicale», come lo ha definito il cardinale conservatore spagnolo Antonio Canizares, che è teologo molto amico di Ratzinger.
Per tre giorni il Pontificio consiglio per i laici ha riunito a Roma duecento rappresentanti di 49 paesi, dirigenti di movimenti femminili cattolici, suore, un gruppo di studiose, numerosi uomini con due cardinali ad introdurre la discussione.
«Madri, sorelle e spose grate alla Chiesa maestra», ha titolato il quotidiano Avvenire e questo basterebbe già a rendere l'atmosfera. Il convegno intitolato "Uomo-donna, l'humanum nella sua interezza" ha relegato sullo sfondo le realtà di sfruttamento, emarginazione e violenza contro le donne. Al centro invece l'identità antropologica di maschio e femmina. E tertium non datur. Tra i partecipanti hanno prevalso i movimenti, poco spazio per la stessa teologia, nessuno per le teologhe che in questi anni si sono impegnate maggiormente nel confronto con il femminismo. Pare che perfino alcune esponenti cattoliche solitamente in prima linea contro la fecondazione assistita, l'aborto e su ogni altro aspetto della cosiddetta antropologia cristiana, abbiano declinato l'invito del dicastero vaticano tanto era palese l'impostazione unilaterale dell'iniziativa.
Vent'anni dopo la "Mulieris dignitatem", la lettera apostolica che Wojtyla dedicò al "genio" femminile, la chiesa di Ratzinger prende a bersaglio la cultura che considera dilagante. Benedetto XVI, che ieri mattina ha ricevuto in udienza i convegnisti, ha parlato di «correnti culturali e politiche che cercano di eliminare, offuscare o confondere le differenze sessuali iscritte nella natura e le considerano una costruzione culturale». Va detto che il Papa ha usato toni più morbidi di quelli allarmatissimi del cardinale polacco Stanislaw Rylko, promotore del convegno, e dello stesso Canizares che nel radicalismo di genere vede una «sovversione in piena regola». Per contrastare queste tendenze, secondo il Papa «è necessario richiamare il disegno di Dio che ha creato l'essere umano maschio e femmina con un'unità e allo stesso tempo una differenza originaria e complementare». Altrimenti sono guai anche esistenziali. «Quando l'uomo o la donna - ha proseguito - pretendono di essere autonomi e totalmente autosufficienti rischiano di restare rinchiusi in un'autorealizzazione che considera come conquista di libertà il superamento di ogni limite naturale, sociale e religioso ma che di fatto li riduce ad una solitudine opprimente».
Il Vaticano segue con particolare apprensione le innovazioni e le ricerche scientifiche nel campo della procreazione, condanna la fecondazione in vitro e teme la madre "fai da te"; si indigna inoltre per la recente disposizione del governo britannico che ha sostituito i termini padre e madre con quello di genitore per tutelare i figli delle coppie omosessuali; infine non smette di protestare per la conferenza Onu di Pechino, che già 13 anni fa i rappresentanti della Santa sede fronteggiarono stringendo un'alleanza con alcuni paesi islamici.
Durante il convegno la giornalista americana Margherite Peeters ha attaccato anche il vertice del Millennio in cui l'ideologia di genere sarebbe stata imposta al mondo come «priorità nelle politiche di cooperazione», proponendosi addirittura di «sradicare il senso della paternità dall'anima africana» e ispirando le politiche per il controllo delle nascite.
L'allarme delle gerarchie ovviamente riguarda la famiglia minacciata da un rimescolamento dei ruoli. «Sin dal loro concepimento - avverte il Papa - i figli hanno il diritto di poter contare su un padre e una madre». Ratzinger rinnova perciò la richiesta agli stati di «appoggiare con adeguate politiche sociali la stabilità del matrimonio».
Le battaglie per «la valorizzazione della donna», nel discorso di Benedetto XVI, vengono richiamate solo sulo piano storico, come un'utile esperienza della seconda metà del Novecento. Il Papa, tuttavia, riserva un capitolo anche al «persistere di una mentalità maschilista» ricordando il proprio intervento alla conferenza dei vescovi latino-americani. In quell'occasione Ratzinger denunciò violenze, maltrattamenti, «il ricorso ad argomenti religiosi» per subordinare le donne o asservirle alla pubblicità, al consumismo o all'industria del divertimento.


10/02/2008

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Telefono Rosa
Violenze, triste
primato
per il Lazio

Lazio ed Emilia Romagna sono in testa alla classifica delle violenze fisiche e sessuali sulle donne. Lo rivela una ricerca di Telefono Rosa, realizzata dall'istituto «Publica Res» dal titolo «Il fenomeno della violenza sulle donne: un approfondimento sulla situazione nel Lazio», i cui risultati saranno presentati martedì a Roma. Secondo lo studio, infatti, il 38% delle donne tra i 16 e i 70 anni sono vittime di violenza fisica o sessuale. La ricerca, realizzata grazie alla sponsorizzazione dell'assessore alle Politiche Sociali e al presidente della Commissione Sicurezza Luisa Laurelli della regione Lazio, ha finora analizzato, in precedenti incontri, il fenomeno provincia per provincia e offrirà in questa occasione il dato complessivo del Lazio. I dati dimostrano la gravità di un fenomeno sociale che vede le donne vittime non solo di abusi di varia gravità, ma anche della mancanza di strumenti per affrontare questa piaga sociale. Il problema della violenza sulle donne, riconosciuto dall'organizzazione Mondiale della Sanità come il più grande riguardante la salute pubblica e i diritti umani violati, è da anni oggetto di studio e riflessione da parte del Telefono Rosa. Nel mondo, infatti, sono 6.743.000 le donne vittime di violenza fisica o sessuale e la violenza è la prima causa di morte per le donne tra i 15 e i 44 anni di età. Il fenomeno della violenza sulle donne è caratterizzato da una «trasversalità» che riguarda sia chi la subisce sia chi la commette.
I dati che verranno esposti sono impressionanti: ad esempio, il 16% del campione intervistato denuncia di aver subito molestie sessuali negli ultimi tre anni; il 7% di aver subito maltrattamenti fisici, il 18% violenze psicologiche e nel 4% sono casi di stupro.


10/02/2008

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