Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

AVVISO


Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

pachamama.ferrara@hotmail.it

ci auguriamo che non venga bloccata mai più

sezioni

15 feb 2008

Rassegna 15 febbraio



Urla in diretta del leader radicale quando si è ritrovato solo negli studi della Rai
La replica: "Una scenataccia, ma non parlo di queste cose in televisione"

Aborto, salta il confronto in tv
show di Pannella contro Ferrara

L'Avvenire attacca i giornali per il caso di Napoli: "Dichiarazioni al limite dell'isteria"
Il Garante della Privacy avvia accertamenti per valutare il rispetto dei diritti della persona


Aborto, salta il confronto in tv
show di Pannella contro Ferrara" width="230">

Il conduttore cerca di calmare Pannella

ROMA - Si è risolto in 20 minuti di "show" pannelliano l'annunciato faccia a faccia sul tema dell'aborto tra il leader radicale e Giuliano Ferrara a "Unomattina". Grida e improperi di Marco Pannella contro l'inventore della lista 'Pro-life', reo di aver chiesto di sostituire al confronto due finestre, una per sé e una per il leader radicale, nelle quale ognuno potesse sostenere le proprie posizioni senza alcun contraddittorio. Pannella, come prevedibile, non ha acconsentito, esprimendo in diretta televisiva tutto il suo "sconcerto" per l'atteggiamento di Ferrara, continuando a gridare in diretta "Giuliano, Giuliano dove sei?!".

La replica del direttore del Foglio non si è fatta attendere, precisando che non sottoporrà "alla futilità delle opinioni a confronto in tv il tema dell'aborto, né con Pannella né con altri". Poi, rivolto al leader radicale, Ferrara ha chiarito: "Caro Pannella, questa mattina hai fatto una tremenda scenataccia in tv, a raiuno, perché non ho accettato di discutere con te di aborto". "Hai dato scandalo - ha aggiunto - perché pensavi che io rifutassi di parlare con te della questione decisiva che ci divide aspramente. Ma non è così". "In qualunque momento - ha concluso - sono disposto a discutere con te in un teatro di aborto. A Milano, per esempio. La settimana prossima, se lo vuoi. Il teatro lo pago io con i miei soldi".

Sul caso di Silvana, la donna al centro dell'intervento della polizia nel Policlinico di Napoli dopo un intervento di interruzione di gravidanza, il Garante della Privacy ha annunciato di aver avviato accertamenti. In un comunicato il Garante ha spiegato di aver chiesto alla questura di Napoli, alla procura e all'azienda ospedaliera "circostanziate notizie e informazioni", allo scopo di "valutare gli eventuali profili di propria competenza riguardo al rispetto dei diritti della persona interessata". Sulla vicenda è tornato oggi anche l'Avvenire, il giornale dei vescovi, parlando di una "campagna mediatica con punte di violenza verbale da lasciare senza fiato" e di "dichiarazioni al limite dell'isteria".

(15 febbraio 2008)
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sempre da Repubblica

L'obiezione di coscienza soprattutto al sud. E per abortire c'è chi è costretto a emigrare
La legge 194 non è riuscita a garantire il diritto all'aborto in modo uguale a tutte le italiane

Un percorso a ostacoli
tra obiettori e malasanità

di PAOLA COPPOLA


Un percorso a ostacoli
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ROMA - L'aborto come un percorso a ostacoli. Come un pellegrinaggio alla ricerca di un centro che faccia interruzioni di gravidanza o di un medico di turno disposto a fare quello che viene persino stigmatizzato come "un lavoro minore". L'aborto come una lista d'attesa fino ai limiti consentiti dalla legge, un "guaio" da risolvere in clandestinità come è accaduto l'altro giorno a Salerno. O come un dolore da sopportare in un piano interrato di un ospedale: ore di travaglio fino al parto di un feto malato, come ha raccontato una giovane donna romana.

La legge 194, in trent'anni di vita, non è mai riuscita a garantire il diritto all'aborto in modo uguale a tutte le italiane, se ancora oggi viene applicata alla lettera in regioni come la Toscana, ma non in Basilicata, dove le donne sono costrette a emigrare per interrompere una gravidanza. L'obiezione di coscienza è diffusa soprattutto al sud, ma in Italia l'80% dei ginecologi, il 46% degli anestesisti e il 39% del personale non medico non praticano aborti. E a Roma l'Ivg si fa solo in pochi centri come il San Filippo Neri e il San Camillo.

Da quando poi il tema è entrato nell'agenda politica o è stato ridotto allo scontro tra chi difende il diritto alla vita e chi no molti avvertono che la situazione potrebbe peggiorare. L'avvocato Alessandro Gerardi, dell'associazione Luca Coscioni, ha raccolto le denunce di due donne che si sono viste rifiutare la pillola del giorno dopo in nome dell'obiezione di coscienza, con una "libera interpretazione" della 194.

Mentre Mirella Parachini, ginecologa al San Filippo Neri e vicepresidente della Fiapac (Federazione internazionale degli operatori di aborto e contraccezione), denuncia il rischio di una criminalizzazione della legge: "Fino all'irruzione della polizia al policlinico di Napoli, pensavo che il dibattito fosse ideologico e strumentale e toccasse poco la realtà quotidiana. Ma quello che è successo è la spia di qualcosa che potrebbe ripetersi".
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dal corriere

Il giornalista: «La tv è antiveritativa, ma sono disposto ad un tdibattito in teatro»

Aborto, salta il confronto Ferrara-Pannella

Il direttore del Foglio non voleva un faccia a faccia televisivo. Il leader radicale: sconfiggere lui e Ratzinger

Marco Pannella durante la sua dura presa di posizione a Unomattina (Ansa)

ROMA - L'atteso faccia a faccia televisivo tra il leader radicale Marco Pannella e il direttore del Foglio e animatore della lista pro-life Giuliano Ferrara non c'è stato. Ma è andato in scena comunque, anche se non nella tradizionale versione del confronto davanti alla telecamera. Il rifiuto di Ferrara di discutere di aborto con un botta e risposta televisivo («un mezzo antiveritativo») ha scatenato l'ira di Pannella, che ha dato vita ad uno show di protesta in diretta, davanti agli impotenti conduttori di Unomattina (■ Guarda il video). Ma delle loro rispettive posizioni - rilanciate via via dalle agenzie di stampa - si è poi parlato ampiamente durante l'intera giornata, visto che la notizia è stata ripresa più volte da tutti i media online e radiotelevisivi.

«SCONFIGGERE RATZINGER» - L'affondo di Marco Pannella arriva nel tardo pomeriggio, a mezzo microfoni dell'agenzia radiofonica Grt: «Capisco l'imbarazzo di Ferrara, perchè lui in tutta la sua vita di questa roba non si è mai occupato e adesso ne fa una questione di teatrino della politica. Noi abbiamo già sconfitto l'immondo aborto di massa clandestino, clericale. Ferrara resta un comunista, crede che tutto sia possibile con la menzogna». E ancora: «L'aborto è stato centrale finchè i radicali non sono stati in grado di realizzare una legge che lo ha sconfitto. Ora bisogna sconfiggere Ferrara e Ratzinger assieme. Loro impediscono che ci sia l'alternativa all'aborto, cioè il concepimento libero, responsabile, morale della vita. Vogliono che la gente procrei come bestie».

IL GRAN RIFIUTO DI FERRARA - Giuliano Ferrara ha giustificato così la sua posizione: non «sottoporrò alla futilità delle opinioni a confronto» in tv il tema dell'aborto, nè con Pannella nè con altri. «Caro Pannella - dice il direttore de Il Foglio in una nota - questa mattina hai fatto una tremenda scenataccia in tv, a Raiuno, perchè non ho accettato di discutere con te di aborto. Duilio Giammaria e la sua collega Elisa Ansaldi erano sconcertati dalla tua violenza verbale. Io invece la capivo. Hai dato scandalo perchè pensavi che io rifiutassi di parlare con te della questione decisiva che ci divide aspramente. Ma non è così, e te lo spiego. Io non discuterò della vita umana, come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv. La tv è antiveritativa. Un bel mezzo per comunicare, rispettabile e fatto da persone rispettabili, tra cui io stesso fino a ieri. Ma sul ponte di Messina o sull'Ici valgono le opinioni, sulla vita umana e l'amore vale la solitaria e pubblica ricerca della verità».

Giuliano Ferrara, direttore del Foglio e animatore della lista per la moratoria sull'aborto (Ansa)
«Senza fanatismo - dice ancora Ferrara -, io penso di averla trovata, la verità sulla vita umana, e credo che sia giusto non esporla alla futilità delle opinioni a confronto. Se le norme non mi consentiranno di esporre, in par condicio con altri candidati, le mie idee sulla strage eugenetica in corso nel mondo, pazienza. Entrerò in clandestinità mediatica. I cittadini hanno il diritto di essere informati sulle idee di chi si candida alle elezioni, ma anche i cittadini hanno un'anima razionale. E le anime razionali possono comunicare tra di loro, liberalmente, anche fuori dalla televisione, se necessario. In qualunque momento sono disposto a discutere con te in un teatro di aborto. A Milano, per esempio. La settimana prossima, se lo vuoi. Il teatro - conclude - lo pago io con i miei soldi. Un abbraccio severamente dissenziente dal tuo vecchio amico talebano. Riguardati e stammi bene».

LA LISTA VA BENE - Successivamente Ferrara ha spiegato che: «La lista "Per la moratoria - Aborto? No, grazie - Con Giuliano Ferrara" va a gonfie vele. Il simbolo sarà sui muri di Roma a partire da domani. La lista per Roma ed il Lazio sarà chiusa entro martedì mattina. Mercoledì i primi banchetti per la raccolta delle firme. C'è una forte mobilitazione di energie in altre regioni italiane. Vedremo di farcela. Ringrazio gli inviti per apparentamenti vari, ma confermo: il luogo naturale della lista per la vita è nel centrodestra o da soli».

«LA 194 NON SI TOCCA» - Intanto sulla questione aborto è intervenuto anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini. Secondo cui la legge 194 «non va modificata, perchè rappresenta il massimo punto di equilibrio e compromesso possibile», tuttavia «va applicata in tutte le sue parti». L'esponente centrista assume dunque una posizione di cautela. Tuttavia, ha detto Casini, «contesto l'idea di Berlusconi e di Veltroni di lasciare fuori dalla campagna elettorale i temi eticamente sensibili, ma posso capire che poiché all'interno dei loro partiti ci sono posizioni sono molto diverse non faccia comodo parlarne. Io credo però che dei temi eticamente sensibili bisogna parlare». Lo stesso Giuliano Ferrara, che pure è in prima linea contro l'aborto, ritiene che l'attuale normativa non vada cancellata: «La 194 non va toccata - dice -. Il problema è che le donne ieri hanno detto che l'aborto è un diritto. L'aborto va combattuto, non obbligando le donne a partorire e non punendo legalmente una donna perchè ha abortito, ma dal momento che c'è una scelta da fare bisogna scegliere per la vita».

«SIAMO TUTTE ASSASSINE» - Intanto la sinistra tiene alta l'attenzione sulla vicenda. In particolare Rifondazione, che oggi dedica alla legge 194 la prima pagina del suo quotidiano Liberazione, dove campeggia il titolo a caratteri cubitali «Siamo tutte assassine» (■ Guarda). Non solo: al posto della «A» nella testata c’è lo specchio di Venere, simbolo delle donne. Il giornale riserva grande spazio alla questione dell’aborto e alle manifestazioni che si sono tenute ieri in tutta Italia contro il blitz al Policlinico di Napoli. Diametralmente opposta la prima pagina del Foglio che sulla vicenda del capoluogo campano titola, sempre in prima pagina, «Napoli, ucciso bimbo perché malato» (■ Guarda).

NUOVO PRESIDIO A NAPOLI - Nel frattempo, dopo le manifestazioni promosse nella giornata di giovedì, un nuovo presidio in difesa della legge 194 e della privacy delle donne è stato organizzato venerdì mattina davanti all'ingresso del policlinico universitario di Napoli, struttura al centro della vicenda delle indagini di polizia e procura su un aborto. «Diamo forza alla protesta per evitare che si torni al clima del '78 quando l'obiezione di coscienza veniva usata per coprire interessi di lobby private e di presunte posizioni politiche giocate sulla pelle delle donne», si legge nel volantino distribuito ai passanti.

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corriere

L'intervista Emma Bonino: colpa anche dei genitori che non parlano con i figli

«Le ragazze assenti dalle piazze Per loro scontate le nostre conquiste»

ROMA — «Ma certo che le ragazze in piazza non vengono. Loro danno per scontata la sessualità, la pillola, la scelta sulla propria maternità. Non sanno che ora sono a rischio ».
Emma Bonino, leader radicale, ministro del Commercio Internazionale del governo Prodi, da ragazza era già in prima linea nella battaglia per i diritti delle donne. Nel '75, dopo aver fondato il C.I.S.A. (Centro per l'informazione sulla sterilizzazione e l'aborto) si autodenunciò per procurato aborto.
Ma non si stupisce che ieri a difendere la legge 194 in piazza ci fossero più adulte che giovani.
Perché?
«Le donne che hanno più o meno la mia età hanno una grande reattività su questi temi, magari perché ricordano gli aborti clandestini, o hanno potuto usare la 194. Ma certo è che la generazione più giovane non sa cosa sta accadendo. Lo vedo con mia nipote Marta».
Cosa le dice?
«Mi ascolta sgomenta. Lei è di una generazione che ha conosciuto la libera scelta su quando e come essere madre, quando e con chi vivere. Non ha segnali della messa in discussione di questa libertà».
E lei gliene parla?
«Sì, ma mi guarda come un marziano quando le parlo della deriva bigotto-ipocrita che dal 2001 ha preso la nostra politica: quella tragica campagna elettorale che poi ha portato alla legge 40 contro la fecondazione assistita e al referendum. E poi, diciamolo, è anche colpa dei genitori se i ragazzi non vanno in piazza».
Dei genitori?
«Sì, che non parlano più ai loro figli di politica, di diritti, di maternità. Sono temi che nelle famiglie non si affrontano più».
Ma i genitori sono gli ex ragazzi del '68.
«Appunto. Molti si sono accomodati da altre parti, molti hanno proprio rimosso. Poi, certo, non è che la spoliticizzazione dipende solo dai genitori ».
Anche dalla politica?
«Anche. Il nostro è uno dei pochi partiti dove ci sono molti ragazzi. Particolari, come è nel nostro stile: magari hanno un parente disabile o sono giovani ricercatori. Dipende anche da come li si coinvolge».
Ovvero?
«Spesso la politica si rivolge ai giovani solo per dir loro: "non andare in discoteca, non bere, non guidare". E loro naturalmente non ascoltano. Ma anche la scuola aiuta la spoliticizzazione dei ragazzi. Per non parlare della Rai».
La Rai?
«Quando Ruini ha convocato i cattolici all'Angelus in solidarietà con Ratzinger (per approfittare dell'effetto aggiuntivo) era in diretta sul Tg1. Le manifestazioni di ieri hanno potuto contare solo sul passaparola e i soliti canali. Mi sembra già un miracolo che ci siano state molte manifestazioni in tutta Italia».
Cosa fare per invogliare i giovani all'impegno?
«Innanzitutto accoglierli. Perché su questi temi dove possono andare? Certo non nella Cosa bianca o nel Pdl, possono giusto venire da me».
E nel Pd?
«La risposta concreta del Pd sarebbe quella di unirsi alla lista Bonino. Visto che Veltroni non è più solo e ormai è anche male accompagnato».

Virginia Piccolillo
15 febbraio 2008

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corriere


La denuncia dell'anonimo
Ecco la telefonata che ha fatto scattare
il blitz: «Una sta abortendo nel bagno»
«Ho chiamato anche "Striscia la Notizia", non mi hanno risposto
Sono del personale, ma non ce la faccio a vedere queste cose»
STRUMENTI
NAPOLI — Più che di un problema morale sembrava preoccuparsi di straordinari, di reparti che a una cert'ora chiudono, di infermieri che devono farsi carico di troppi pazienti. L'uomo che lunedì, alle 18.54, ha telefonato ai carabinieri per segnalare un aborto oltre la ventunesima settimana di gestazione, è un dipendente del policlinico di mezz'età, che parla con forte accento napoletano. Questo è il testo della telefonata, che è durata 4 minuti e 10 secondi: «Buonasera, per piacere, io non lo so se posso parlare con lei per una specie di denuncia. Il problema è questo: io sono un parente di una signora, S.S. Al Policlinico di Napoli, al quinto piano, ci sta il centro aborti e fanno partorire. Questa persona ha partorito nel cesso, detto proprio bello napoletano, e la signora che sta a fianco, la 208, si è sentita male. Ma come si potrebbe fare per fare un rimedio, guardate».
Il Secondo Policlinico di Napoli
Il Secondo Policlinico di Napoli
A questo punto, il carabiniere
che ha ricevuto la chiamata chiede delucidazioni: «Vi dico la verità, rimane tra di noi, io sono del personale, io lavoro, però non ce la faccio più a vedere queste cose. Guardate, è assurdo. Al centro aborti del quinto piano, per risparmiare sugli straordinari, mettono le donne nei piani. La signora sta male, non fa in tempo ad arrivare sopra e partorisce nella stanza. La signora che sta vicino sta male perché scorre sangue, 'o criatur' 'mmiez' 'e cosce... ». Nuova interruzione del carabiniere, che invita l'uomo ad andare al più vicino posto di polizia per sporgere denuncia. Ma lui non può: «Ho telefonato anche a Striscia la notizia, ma non mi hanno risposto. Sono in servizio e non posso uscire. Il fatto è accaduto adesso: c'è una signora che dev'essere operata addirittura con i ferri in mezzo alle gambe. Non posso fare una cosa del genere. Ancora dev'essere operata, c'è il bambino nella bacinella. Ha abortito con i ferri in mezzo alle gambe e sta in sala operatoria. Policlinico nuovo, Ostetricia, secondo piano: non vi ho detto niente. Noi abbiamo il centro sopra, però sopra a un certo orario se ne vanno a f... Poi quando le donne stanno male le portano a noi dei piani e noi dobbiamo intervenire, poi la signora partorisce nel gabinetto e non ce la fa. Quella che sta vicino a lei è una poveretta che è incinta per i fatti suoi e non ce la fa, vede 'sta scena... Se mandate adesso una macchina, li prendete 'ncopp' o fatto ».
E in effetti l'ispettore della polizia appena giunto sul posto in borghese ha riferito alla Procura che la donna aveva abortito in bagno. «La paziente aveva effettuato il trattamento farmaceutico per l'aborto la mattina — spiega il primario Carmine Nappi — ed è rimasta ricoverata tutto il giorno, perché non si può prevedere quando il farmaco farà effetto. Quando ha avvertito dolori alla pancia, la donna non ha chiamato il personale ma si è recata da sola in bagno e ha espulso il feto. È un episodio che può capitare».
Titti Beneduce
14 febbraio 2008
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rai news24
Aborto, Ferrara evita il confronto in tv ed esplode la rabbia di Pannella
Una rabbia incontenibile, quella di Marco Pannella, dopo la notizia che il direttore del ‘Foglio’, Giuliano Ferrara, non avrebbe partecipato al confronto in tv sull’aborto con leader radicale, nella trasmissione ‘Unomattina’.

In diretta, Pannella ha urlato più volte "è una vergogna", "voglio il confronto con Giuliano, datemelo". Poi le critiche alla Rai per il mancato confronto e contro chi critica la legge 194, ricordando le tante battaglie solitarie dei Radicali contro gli aborti clandestini e a favore dell'autodeterminazione della donna in tema di procreazione.

Lo sfogo è durato un quarto d'ora, con i giornalisti Duilio Giammaria e Elisa Ansaldi che tentavano invano di mettere un argine alla prorompente rabbia del leader radicale. Dopo la trasmissione Pannella è arrivato a Montecitorio dove ha indetto una conferenza stampa.

A tanta rabbia, Ferrara – inventore della lista 'Pro-life' – ha risposto con una lettera: “"Caro Pannella, questa mattina hai fatto una tremenda scenataccia in tv, a Raiuno, perché non ho accettato di discutere con te di aborto. Hai dato scandalo perché pensavi che io rifutassi di parlare con te della questione decisiva che ci divide aspramente. Ma non e' così. Io non discuterò della vita umana come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv. La tv è antiveritativa”.

“Sul ponte di Messina o sull'Ici – prosegue la lettera - valgono le opinioni, sulla vita umana e l'amore vale la solitaria e pubblica ricerca della verita'. Senza fanatismo, io penso di averla trovata, la verita' sulla vita umana, e credo che sia giusto non esporla alla futilità delle opinioni a confronto”.

“In qualunque momento- conclude Ferrara - sono disposto a discutere con te in un teatro di aborto. A Milano, per esempio. La settimana prossima, se lo vuoi. Il teatro lo pago io con i miei soldi”.

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manifesto 14/02

Quel filo-abortista di Ferrara
Alessandro Robecchi

E' veramente strabiliante che tutti i giornali (manifesto compreso) si ostinino a definire il probabile partitino di Giuliano Ferrara come una «lista antiaborista». Per completezza di informazione e correttezza semantico-politica, vorrei far notare che l'ipotetica formazione del direttore del Foglio è a tutti gli effetti una lista a favore dell'aborto e della sua incontrollata diffusione, meglio se illegale. Se la legge 194 ha praticamente debellato la piaga dell'aborto clandestino e ha più che dimezzato gli aborti italiani, attaccarla con toni da crociata non è altro che una squillante e vergognosa battaglia a favore dell'aborto. Riconoscendogli una certa arguzia, molti sostengono che Ferrara sia abile a rovesciare le frittate a suo favore, ma è forse venuta l'ora di riposizionare la frittata per il verso giusto: attaccare una legge che funziona (pur a stento e faticosamente) non è altro che un attentato alla sofferenza di chi affronta scelte drammatiche. La burbanzosa leggerezza con cui si trattano temi tanto spinosi per edificare l'ennesimo partitino privato dovrebbe almeno indurre a prudenza su parole e simboli. Spiace per Ferrara e per la sua arguzia, ma in Italia lo slogan «Aborto-no-grazie» è stato realizzato proprio dalla legge 194 e non dal fuoco di sbarramento Vaticano. Quanto all'altro nome in ditta, «Lista per la vita», c'è da sbalordire. Per anni, da quando è iniziata la mattanza irachena, Giuliano Ferrara ha esercitato in modo acritico e feroce la sua soave apologia della guerra. Ora che gli iracheni morti sono oltre un milione, fregiarsi della parola «vita» in un simbolo elettorale suona come feroce sberleffo. Della vita, della morte, del dolore della gente bisogna parlare sottovoce, con rispetto. Invece si sbraita, entrando come un elefante in una cristalleria. Si dice che a Ferrara piaccia parlar chiaro. Lo faccia anche questa volta e chiami la sua lista per quello che è: propaganda filo-abortista.
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manifesto 14/02




Aborto, in campo le donne
Cresce l'indignazione per l'irruzione della polizia al Policlinico di Napoli e la campagna contro la legge 194. Oggi una manifestazione nel capoluogo campano, sit-in a Roma, Bologna e Milano
Eleonora Martini

Il passaparola delle donne viaggia di nuovo su internet. Come era avvenuto per la grande manifestazione contro la violenza di novembre scorso a Roma, così anche ieri l'indignazione per l'intervento della polizia nel reparto di Ostetricia del Policlinico Federico II di Napoli a caccia di donne assassine e feti da rianimare è cresciuta on line e si è trasformata in mobilitazione di massa. Per tutto il giorno non hanno smesso di squillare i telefoni della Cgil di Roma e Lazio, dove si raccoglievano le adesioni alla manifestazione organizzata dall'Udi (Unione donne in Italia) e dall'Assemblea permanente delle donne napoletane che si terrà oggi alle 17 in piazza Vanvitelli a Napoli. E decine di persone hanno prenotato un posto sui treni organizzati in rappresentanza delle camere del lavoro territoriali. Contemporaneamente altri sit-in di protesta si terranno oggi a Roma, Bologna e Milano. Mentre l'Arcidonna lancia per l'8 marzo un appuntamento nazionale in difesa della legge 194, e per lo stesso motivo è stato indetto per venerdì prossimo alle 10 un presidio di protesta davanti al Secondo Policlinico di Napoli. Insomma, «la mobilitazione è spontanea e si sta organizzando via via», come ha raccontato Pina Nuzzo dell'Udi.
«Chiunque vada al governo sappia - avverte Stefania Cantatore dell'Udi di Napoli - che le femministe di questo Paese non abbasseranno la guardia perché sia la destra che la sinistra non hanno affrontato il problema strutturale, quello del potere maschile». Evidentemente, malgrado «il clima che sta montando contro le donne nel nostro Paese», nessuno si aspettava di assistere a un episodio così inquietante come quello napoletano. Come se a capo del ministero della Sanità ci fosse già Giuliano Ferrara. Tanto che ieri qualche flebile voce di protesta si è levata perfino da alcuni esponenti del Popolo delle libertà. A sinistra invece l'indignazione è forte ed evidente. «Quanto avvenuto a Napoli è una vera e propria dichiarazione di guerra. Una violenza contro il corpo delle donne, istigata dalla crociata per la moratoria sull'aborto», hanno scritto nel comunicato finale dell'assemblea che si è svolta ieri pomeriggio presso la Casa internazionale delle donne e alla fine della quale è stato deciso di indire una manifestazione per oggi alle 17 davanti al ministero della Salute. Stesso orario per l'appuntamento della Rete delle donne di Bologna davanti al reparto di ginecologia dell'Ospedale Sant'Orsola, considerato un luogo emblematico della sofferenza aggiuntiva a cui sempre più spesso sono sottoposte le donne che vivono il dramma dell'aborto: per il numero ragguardevole di medici obiettori di coscienza e per le incursioni dei cattolici oltranzisti con i loro rosari e le loro gigantografie di feti. A Milano invece l'appuntamento è doppio: c'è chi vuole manifestare - senza autorizzazione - davanti alla clinica Mangiagalli, che per prima in Italia ha introdotto un codice di autoregolamentazione per fissare il limite dell'interruzione di gravidanza alla 22esima settimana. Sono collettivi di femministe e lesbiche e si vedranno lì alle 17. La Rete delle donne della Lombardia invece, che comprende l'Udi, Sinistra arcobaleno e Usciamo dal silenzio, ha fissato un sit-in in piazza San Babila alle 18.
E anche la sinistra di governo reagisce: la sottosegretaria alla Famiglia Chiara Acciarini annuncia che sarà presente alla manifestazione di Napoli, mentre il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero invia la sua adesione considerando l'episodio «un pesante attacco alla dignità delle donne e ai loro diritti». Forse per questo anche Walter Veltroni - nella «terza Camera» di Bruno Vespa - non ha potuto fare altro che dire, rispondendo a una domanda sull'aborto: «Penso che la 194 è un'ottima legge, che ha ridotto del 45% il numero degli aborti. Fermiamoci qui e non trasciniamo questi temi in campagna elettorale».

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l'unità 15/02

Turco in videochat: 194 e temi etici al centro del programma

Alessia Grossi


Livia Turco in videochat in campagna elettorale, foto Unità

«Stiamo concludendo un'intesa Stato-Regioni per una migliore applicazione della legge 194, la tutela della salute sessuale e riproduttiva e l'adeguatezza della diagnosi prenatale». L'annuncio viene direttamente dal ministro della Salute Livia Turco durante la videochat di venerdì a l'Unità online con il direttore Antonio Padellaro. Tra gli indirizzi vincolanti anche quelli che prevedono che «in ogni distretto ci sia almeno un medico non obiettore, per garantire la continuità assistenziale e la contraccezione d'emergenza anche nei pronto soccorso e nei servizi di continuità assistenziale». Perché, sottolinea il ministro Turco, «non può succedere che ci siano liste d'attesa o una carenza di servizi quando c'è un medico che obietta, oppure che le donne incontrino difficoltà a farsi prescrivere la pillola del giorno dopo da medici e farmacisti. «La legge, spiega infatti il ministro, prevede che il medico non possa essere obiettore rispetto alla prescrizione di farmaci. Quindi - continua - un farmacista e un medico sono tenuti a prescrivere farmaci previsti dalla nostra farmacopea, altrimenti un cittadino deve rivolgersi alla Asl e denunciare l'inadempienza». e la pillola del giorno dopo dovrà essere d'ora in avanti reperibile anche nei pronto soccorso e presso le guardie mediche.

«La legge 194 - ribadisce la Turco durante la videochat - è una legge equilibrata, saggia e lungimirante, al punto che penso con ammirazione al legislatore che scrisse quella legge. Quello che preoccupa, invece - aggiunge il ministro - è il clima culturale che punta a disconoscere le grandi conquiste delle donne». Per questo «bisogna reagire con fermezza, come d'altronde abbiamo fatto dopo l'episodio di Napoli».

Tra i temi etici che il ministro ribadisce essere «imprenscindibili per il Pd», non c'è solo la legge 194. Molte sono le domande dei lettori de l'Unità su un'altra legge, la legge 40 sulla procreazione assistita, della quale, nonostante il referendum confermativo, con le nuove sentenze della magistratura e del Tar del Lazio, c'è forse da rimettere in discussione le linee guida. «Lunedì trasmetterò al Consiglio Superiore di Sanità le linee guida della legge 40 per avere il parere finale». È l'altro annuncio fatto dal ministro della Salute alla domanda del lettore Roberto Ponti.

Ma il ministro Turco raccomanda attenzione, quelle linee guida sono «uno strumento tecnico e amministrativo che non va enfatizzato, servono solo per applicare la legge». Più nel particolare la Turco spiega come abbia voluto rafforzare soprattutto l'articolo 1 e 2 della legge 40, quelli cioè, che attengono alla prevenzione della strerilità e al rispetto di entrambi i soggetti in questione, cioè la donna e il nascituro. «Il mio sforzo è stato quello di essere coerente, di prendere il meglio della legge ma, conclude, questo lavoro, che ho fatto in modo molto accurato e scrupoloso, si è purtroppo interrotto con la caduta del governo Prodi».

Tra le moltissime domande arrivate durante la videochat su l'Unità online per il ministro molte riguardano anche la questione del testamento biologico. «Diventerà un punto del programma del Pd?» chiede un lettore iscritto all'Associazione "Luca Coscioni". «Io vorrei che il Pd facesse sua la battaglia per vivere la malattia senza dolore e che questa legge venisse approvata nella prima settimana della prossima legislatura» è la risposta. «Sarebbe un'altra grande battaglia di civiltà promuovere la dignità del fine vita cioè assicurare ai cittadini la semplificazione della terapia del dolore, le cure palliative, e quelle domiciliari, i servizi, tutto ciò che serve per non sentirsi soli».

Molti chiedono spiegazioni anche sul sistema sanitario, sui casi di "malasanità". Biagio le chiede quale siano o siano state le misure adottate dal Governo sulle questioni delle nomine partitiche nelle Asl. Alcune, di carattere tecnico, sono state inserite in Finanziaria, altre sono state prese direttamente da lei come quella che riguarda le nomine del Cnr. Per la prima volta precedute da un avviso pubblico, garantendo una selezione corretta e trasparente. Fare sì che i cittadini abbiano la certezza che i medici che hanno accanto sono lì solo per il loro merito e per la loro bravura, è «un elemento fondamentale per recuperare un rapporto di piena fiducia con la sanità». Sempre tenendo a mente, ricorda, che abbiamo un sistema sanitario pubblico e universalistico di cui essere assolutamente orgogliosi.

Quanto all'ingerenza dei partiti, questi devono rimanere fuori dalla scelta dei primari e dei medici, «ma non da quella dei direttori generali». Credo - afferma infatti il ministro - che in questo caso debba esserci una discrezionalità e una responsabilità politica. Il problema - è nel come ciò debba avvenire, ovvero sui criteri che devono garantire «trasparenza e merito».

Augusto Proietto, un altro lettore, le chiede «perché le donne che sono il 50 per cento dell'elettorato continuino a farsi dettare l'agenda politica dagli uomini». Domanda difficile. Con risposta complessa. Livia Turco non nega però che «noi donne dobbiamo darci anche una mossa». «Bisogna che aggiorniamo la nostra elaborazione dei temi del passato. Si deve parlare di responsabilità e non solo di libertà, in una società che ha bisogno di prendersi cura delle persone, le donne che sono in grado di fare questo, devono tornare ad essere protagoniste». Credo - continua la Turco - ci sia una eccessiva lontananza fra quello che le donne fanno e dicono ogni giorno grazie alla loro responsabilità e il modo in cui invece si parla delle donne, spiega. Lontananza - continua - data dal fatto che a parlare di questi temi sono tropo spesso solo uomini.

È il caso di Giuliano Ferrara. Con cui Livia Turco ha un legame dai tempi del Pci a Torino e che dichiara di stimare da sempre. «Oggi non lo capisco molto, mi dispiace sia protagonista di un dibattito astratto e un pò concitato sull'aborto. È importante - spiega il ministro - che ci sia chi ci ricorda che c'è un valore della vita umana che non è negoziabile, però un conto è quando incontro la volontaria del Movimento per la Vita che mi testimonia questo suo valore attraverso il suo impegno quotidiano ad aiutare le donne a far sì che non abortiscano, altra cosa è sentire fare dei comizi per proclamare dei valori».

A proposito del confronto necessario per non cadere nella retorica, il ministro si dice contenta che la senatrice Paola Binetti possa essere candidata ed eletta nel Partito Democratico: «Faccio il tifo per lei». Perché? Perché la senatrice teodem ha accettato il confronto, il reciproco riconoscimento. Tant'é che con lei c'è accordo per la piena applicazione della legge 194. «Punto sul quale il Pd non può essere equivoco e che anche la Binetti ci si riconosca fa bene sperare».

L'ultima domanda del direttore Antonio Padellaro riguarda proprio le chance di vittoria del Partito Democratico alle prossime elezioni. Insomma, il Pd, ce la può fare? «Secondo me, sì - risponde la Turco. Perché il Pd è la vera novità e poi ha ereditato dal governo Prodi la lealtà verso il Paese».

Fabrizio, già elettore Ds dice di non aver gradito la rottura con la Sinistra Arcobaleno da parte di Veltroni, perciò annuncia che non voterà Pd alle prossime elezioni. «Bisogna stare attenti perché non credo che saranno in pochi a fare questo ragionamento», è la valutazione di Livia Turco.

È evidente che il Pd e Veltroni hanno fatto una scelta innovativa puntando sulla coerenza del programma.Ma questa scelta - secondo la Turco - non deve comportare «la perdita di un punto importante dell'esperienza del governo Prodi»: quella che in poche parole viene definita «la disposizione a governare della sinistra che altrimenti torna ontologicamente d'opposizione». Importante resta dunque mantenere un ponte tra il Pd e la Sinistra arcobaleno.

Livia Turco tra l'altro presiede l'area - sarà poi un'associazione - "A sinistra" del Pd. «Con ciò non vogliamo rivendicare solo a noi l'essere sinistra. Il Pd è la sinistra, nel senso che lì poggiano le sue radici ma - aggiunge - anche solo ricordare la memoria, la storia, il modo di pensare l'uguaglianza, che per alcuni è anche un modo di vivere, è essenziale specialmente per il Pd». È insomma, una parola che è anche un simbolo, conviene Padellaro. E comunque Livia Turco è convinta «non solo con l'ottimismo della volontà, che comunque fa parte della nostra storia» che questo progetto abbia le carte per vincere.


Pubblicato il: 15.02.08
Modificato il: 15.02.08 alle ore 17.27

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liberazione

Scontro politico
culturale e sociale

Ne va
della civiltà
di un intero
paese

Franco Giordano
Voglio ringraziare le migliaia di donne che ieri a Roma, e Napoli e in molte altre città italiane hanno manifestato contro l'odioso sopruso perpetrato al Policlinico Federico II di Napoli ai danni non solo di Silvana - aggredita in corsia e sottoposta a umiliante interrogatorio subito dopo un doloroso aborto terapeutico - ma di tutte le donne. Voglio ringraziarle perché credo che la loro mobilitazione e la loro forza sia a difesa di tutti noi. Cioè della libertà. Sono state manifestazioni squisitamente politiche: conviene dirlo forte e chiaro.
La grande bugia che in questi giorni rimbalza dai vertici del Pdl a quelli del Pd assicura che non di politica si tratta. I leader di questi due partiti concordano sulla opportunità di "tener fuori" tanto spinosi argomenti dalla campagna elettorale. Attengono, si dice, a una sfera intima e privata. Riguardano i princìpi etici del singolo individuo: bon ton impone di non confonderli con la politica o, peggio, con la campagna elettorale. E di cosa dovrebbe parlare la politica? Solo della sua insensata separatezza? Dell'autoriproduzione di sé?
No. L'autodeterminazione delle donne, i diritti dei gay, le unioni civili, la bioetica rappresentano oggi uno dei principali fronti di uno scontro che è tanto politico quanto culturale e sociale.
segue a pagina 13


15/02/2008

Scontro politico,
culturale e sociale.
Ne va della civiltà
di un intero Paese

Franco Giordano
Chiamano in causa un'intera concezione dei diritti di tutti e di ciascuno. Ne va della civiltà di un intero paese, il nostro, e non c'è ipocrisia più grande del negare questa evidenza impugnando il rispetto del travaglio individuale, il comodo "caso di coscienza".
Non si tratta, e anche questo va detto chiaramente, di una bugia innocente. Il leader del Pd sa perfettamente che nel suo partito, e a maggior ragione tra i suoi potenziali elettori, la genuflessione alle imposizioni della componente cattolica più integralista non sarebbe accettata facilmente.
Non se ne deve parlare, soprattutto in campagna elettorale, perché la contraddizione è troppo forte e perché la leadership del Pd sa di non poterla in alcun modo risolvere. Dunque va nascosta. La leggenda del partito finalmente coeso, serrato intorno a una linea univoca, crollerebbe come un castello di carte ove dovessero confrontarsi alla luce del sole le posizioni della senatrice Binetti e quelle della sua capogruppo Anna Finocchiaro, o della ministra Pollastrini.
Credo che un ragionamento identico muova anche il leader della destra. Persino tra gli elettori di Forza Italia o di An, soprattutto ma non solo tra le donne, c'è chi non accetterebbe supinamente di veder negati i propri diritti, cancellate le conquiste degli ultimi trent'anni. Il nostro paese, su questi temi, è più avanti della sua rappresentanza politica. Per fortuna.
E' anche per questo, per la paura di confrontarsi con il paese reale, che nessuno osa mettere apertamente in discussione la legge 194. La manovra che si sta dispiegando giorno dopo giorno, inesorabilmente, è più sottile. Non mira a vietare bensì a criminalizzare, a cambiare il contesto culturale. Non nega il diritto all'autodeterminazione delle donne, però lo trasforma sapientemente in colpa e in vergogna in nome di un mai sopito impulso al controllo dei corpi, dei sentimenti, degli affetti. Punta a renderlo impraticabile senza doverlo proibire ufficialmente. E' una strategia minacciosa alla quale compartecipano, sia pure per ragioni diverse, tanto la destra quanto il centro. Per questo riaffermare che la scelta sulla procreazione è un diritto inalienabile delle donne, uno di quelli "senza se e senza ma", senza colpa né vergogna, non è affatto sintomo di ruvido e rozzo laicismo: è il minimo indispensabile.
Si confrontano oggi due concezioni radicalmente antitetiche: la difesa della Vita, nella sua altisonante astrazione, contro quella delle vite, nella loro materialità concreta. Nessuno obbliga qualcuno a fare scelte che sente eticamente diverse dalle proprie convinzioni, ma non si può mai invocare un malinteso principio etico per negare, con la norma, l'autodeterminazione dei soggetti. E' il fondamento del principio della laicità costituzionale. E in tante occasioni abbiamo visto immensa ipocrisia nel rivendicare la sacralità di princìpi che si dissolvono però di fronte alla soglia del mercato. Come sulle tante proibizioni della legge sulla fecondazione assistita, che lascia la possibilità di esaudire il desiderio di genitorialità solo a chi ha le risorse finanziarie per garantirselo all'estero, magari nella cattolicissima Spagna. E' un pendolo davvero disinvolto tra il sacro e il profano, tra l'etica e il mercato.
Anche per queste ragioni è nata la Sinistra Arcobaleno. Per restituire alla politica la sua materialità, per renderla di nuovo carne e sangue invece che slogan e ideologia. Per riportare in testa a ogni agenda le esigenze reali delle donne e degli uomini, le loro sofferenze, le loro necessità. E questo non è un argomento politico tra tanti. E', per me, l'essenza stessa della politica.


15/02/2008

E' chiaro, è ricominciata la caccia alle streghe
Signore e signori "progressisti" dove siete?
Fuori le unghie, difendiamo i diritti di tutte/i


Mancano
solo i roghi
Cara "Liberazione", dopo la discesa in campo "dell'ateo devoto", l'attacco clerico-fascista alla "194" comincia a produrre i suoi effetti (anche elettorali): 7 gendarmi, con i pennacchi e con le armi, irrompono in una sala operatoria del policlinico di Napoli per un sospetto «feticidio» in corso. Così, mentre la mondezza continua ad accumularsi e non c'è traccia di un solo provvedimento giudiziario nei confronti di qualche responsabile di tale scempio, la caccia alle streghe è ricominciata. Per il momento mancano ancora i roghi, ma niente paura: le donne bruciate non producono diossina.
Carlo Brunori via e-mail

Quei solerti
poliziotti
Caro Piero, vuoi scommettere che questa volta nessun ministro della Giustizia invierà "ispettori" ad indagare sul magistrato che ha autorizzato l'interrogatorio di polizia della poveretta che aveva appena interrotto la gravidanza al policlinico di Napoli? E vuoi scommettere che ci saranno delle promozioni per i solerti poliziotti che hanno mandato al policlinico, per il brillante blitz, una squadra di sei agenti? Diaz Genova docet.
Ferdinando Spera Avezzano (Aq)

Una regressione
spaventosa
Caro direttore, tira una brutta aria nel nostro paese, è inutile nasconderselo. La regressione culturale in atto è spaventosa; gente che senza un minimo di conoscenze anatomo-fisiologiche sparla di feti ben distinti dalla vita della madre senza neanche rendersi conto delle assurdità che dice. Nel frattempo cialtroni politici organizzano liste elettorali per attaccare la legge che più di ogni altra ha contribuito a far crollare il numero di aborti in Italia (e si sarebbe potuto fare molto di più se i bigotti non avessero ostacolato in tutti modi l'inserimento dell'educazione sessuale nelle aule scolastiche). Personalmente non parlo mai volentieri dell'aborto, per il semplice motivo che a mio giudizio noi uomini dovremmo semplicemente stare zitti sull'argomento e lasciare alle donne (loro che vivono direttamente questo dramma) ogni decisione sul loro (e di nessun altro) corpo e sulle vite che questo può ospitare. Purtroppo di fronte alle manifestazioni d'ignoranza e di prepotenza che stiamo vedendo in questi sciagurati giorni, non posso esimermi dall'esprimere la mia solidarietà a tutte le donne maltrattate da cialtroni ignoranti che hanno la pretesa di parlare di ciò che non conoscono e che non potranno mai capire… Bisogna difendersi con ogni mezzo, comprese le denunce penali, da quei delinquenti che osano chiamare la polizia per "feticidio" e costringono una donna già traumatizzata dal dolore dell'aborto a dover subire interrogatori umilianti e vergognosi. E' ora di smetterla di cercare dialogo con chi vuole solo imporre i propri dogmi morali e tirare fuori le unghie per difendere i diritti civili conquistati con decenni di faticose lotte popolari.
Alessandro Chiometti via e-mail

Siamo tutte
e tutti a rischio
Caro direttore, sono tra quelle persone che credono ci sia un eccessivo uso di frasi del tipo «un atto senza precedenti», «di inaudita gravità», e che l'"indignazione" - per non perdere definitivamente di senso - vada utilizzata con maggiore cautela… Detto questo, il fatto accaduto al Policlinico di Napoli (sei o sette agenti che irrompono in ospedale e fanno "violenza" a una donna che ha scelto l'interruzione della gravidanza a causa di malformazioni al feto) è assolutamente inaudito. Bisogna fare qualcosa. In altri tempi ci sarebbe stata un'immediata reazione di piazza, con cortei, manifestazioni, sit-in di rabbia e di solidarietà. Se la sinistra, le forze democratiche non hanno la forza e la volontà di reagire a un simile fatto siamo ridotti veramente male. Quanto accaduto non riguarda solo la donna oggetto di simile violenza, riguarda tutte e tutti, ne va della libertà, della dignità di tutte e di tutti…
Domenico Gioia via e-mail

Dove sono
i "progressisti"?
Caro direttore, il clima creato da Giuliano Ferrara sta dando i primi (velenosi) frutti. Non c'è che dire, l'Elefantino ha già messo numerosi punti a suo favore nella campagna "per la moratoria sull'aborto". Non credo a una regia occulta, ma pensate davvero che senza tutto il can can messo su dal direttore del "Foglio" degli agenti di polizia avrebbero fatto irruzione in un ospedale per impedire un "feticidio"? Questa campagna elettorale si sta presentando come uno spartiacque tra chi pensa che le conquiste che hanno radice nelle lotte degli anni 60 e 70 (non solo la legge 194, quindi) vadano smantellate e chi invece pensa che da lì bisogna partire per un altro mondo possibile… Da che parte sta quel poco che rimane della cultura "progressista" che si riconosce ancora in un pezzo del partito democratico?…
Luisa D. B. via e-mail

Rambo
e i "pro life"
Cara "Liberazione", direi che i continui attacchi clericali alla società laica hanno una sola spiegazione: la paura. Paura di perdere quel controllo delle menti che da secoli esercitano per l'affermazione del loro potere. L'ultima sparata sul film di Moretti di un rappresentante della Cei in cerca di notorietà non meriterebbe commenti tanto alto il tasso di sessuofobia che ipocritamente si cela nelle parole pronunciate. Propongo questa riflessione: questo fine settimana sono usciti due film. "Caos Calmo", dove Nanni Moretti tocca una tetta a Isabella Ferrari e Rambo, con Sylvester Stallone dove qualcuno ha calcolato che ci siano 27 morti ammazzati per ogni minuto di pellicola. Almeno fossero coerenti con le scelte "pro-life" con cui sferrano continui attacchi alla legge 194. Ma, forse, secondo il loro, strano, punto di vista, è più pericolosa per le menti dei "fedeli", una banale scena di sesso che un mattatoio di sangue, omicidi e assassini. C'è qualcosa che non mi torna.
Rudi Menin Mira (Ve)

La notte
dei diritti
Caro direttore, ciò che inquieta nella vicenda che è avvenuta al Policlinico dell'Università Federico II di Napoli, è essenzialmente un fatto: l'azione repentina, priva di supporti legali compiuta dalle forze dell'ordine contro una donna che, nel pieno diritto stabilito dalla Legge 194, stava subendo un aborto. Un feto malformato dalla sindrome di Klineferter, una gravidanza magari a rischio e quindi il ricorso ad un mezzo che è un diritto. E' un episodio, questo, che si inserisce nella campagna di attacco ai diritti delle donne che oggi ha uno dei suoi culmini con la lista "pro life" di Giuliano Ferrara, il crociato difensore della vita, il paladino dell'embrione e dell'antiabortismo a tutti i costi. Voglio esprimere alcune considerazioni che mi sembrano dovute: la prima riguarda il potere di polizia. Non è francamente accettabile che, in uno Stato democratico e dove regna il diritto, le forze di polizia si possano permettere di agire senza prima avere un permesso della Magistratura, senza un ordine di un giudice, di un procuratore o di un sostituto procuratore della Repubblica. In secondo luogo, se esistono delle responsabilità di polizia, esistono anche quelle politiche. Per troppo tempo abbiamo pensato che le ingerenze vaticane in materia di coscienza, di vita, di morte, eccetera, fossero per l'appunto inopportune, foriere di destabilizzazione della democrazia italiana, ma abbiamo atteso di vedere cosa accadeva al "centro" del Parlamento per capire se era recuperabile un discorso con le forze moderate sul terreno della laicità dello Stato e sui diritti sociali individuali e collettivi? E' veramente insopportabile ascoltare di continuo la litania secondo cui i comunisti, la sinistra, sarebbero favorevoli all'aborto. Cosa vuol dire? E' solamente una affermazione subdola, sibillina, che nasconde il retropensiero per cui noi saremmo fautori dei feticidi visto che siamo così cocciuti da non riconoscere quello che Ratzinger vorrebbe farci dire: che un embrione è una vita e che un feto in cui non si siano ancora sviluppati gli organi essenziali per una autonomia biologica, sia un corpo umano a tutti gli effetti, ovviamente comprensivo del soffio divino dell'anima. E al corpo della donna che lo ospita chi ci pensa? Alla sua sofferenza psico-fisica? La realtà è che una donna a Napoli si è vista piombare intorno al letto del Policlinico la polizia per sentirsi contestare un reato che non aveva commesso. La notte dei diritti è cominciata. Ora, riflettiamo tutti su quanto è accaduto.
Marco Sferini Savona

Che idee ha
la sinistra?
Cara "Liberazione", difficile trovare le parole per quello che è accaduto a Silvana. Sono state usate tutte. Ma quello che è successo mi fa venire in mente un mucchio di cose che non c'entrano niente con il fatto e neanche tra loro forse. Resta, per tutte noi, un senso di impotenza che va riempito. Con le manifestazioni, i sit-in, con tutto quello che volete. Urliamo, protestiamo. Ma il vuoto che sentiamo (credo di poter parlare per molte) non è solo quello della piazza. C'è un vuoto più angosciante: le parole della politica. Vorrei che fosse riempito questo vuoto a sinistra, da sinistra, non so... che ci si rendesse conto che questa questione aborto, non l'abbiamo posta noi, che non è un problema nostro. I nostri, chiamiamoli così, problemi, sono altri, sono il fatto che su di noi si fanno "leggi speciali" per la sicurezza, che siamo ancora vittime di stereotipi cretini in tv e sulle riviste patinate, che dobbiamo faticare il triplo di qualunque uomo per arrivare allo stesso tipo di carriera professionale. L'aborto è un diritto assodato a cui non pensavamo più. Ora qualche demente sul crinale della senilità ha deciso che invece è il problema. Va bene, come hanno detto molte donne è "un segnale di guerra": non abbiamo paura, su questo non passerà nessuno. Ma per tutto il resto? Dobbiamo ancora fare da scudo a leggi liberticide? Dobbiamo fare le mamme a tempo pieno o le casalinghe a tempo pieno? Dobbiamo farci ammazzare di botte? O uscire pazze e depresse dalla famiglia? Cara "Liberazione", che idee ha la sinistra su tutto questo?
Betti G. via e-mail

Che paese
democratico!
Ho visto Lerner ieri sera. Gli attacchi al caso di Napoli, l'attacco a "Liberazione". Mi sono detta: che paese democratico il nostro! Basaglia sarebbe soddisfatto di noi. Non avrebbe mai pensato che come struttura alternativa al manicomio ci saremmo addirittura prestati a dare ai maniaci un tribuna da cui parlare, dire tutto quello che pensano, sfogarsi, tirare fuori rabbia e frustrazioni. Un paese in cui Ferrara può girare liberamente senza essere assunto al circo Orfei. Come scriveva, mi sembra Travaglio: uno come Ferrara in qualunque paese civile sarebbe un fenomeno da baraccone. Qui invece fa addirittura politica, fa una lista, rischia di arrivare in parlamento. Che paese democratico il nostro!
Sara Guerri Bologna


15/02/2008

«Siamo tutte assassine», Liberazione dalla parte della libertà delle donne

Angela Azzaro
Il clima che si respirava ieri a Roma era lo stesso del 24 novembre, giorno della manifestazione contro la violenza degli uomini sulle donne. Un clima di conflitto forte, di grande carica politica da parte di un movimento autonomo e autorganizzato sempre più numeroso. Dopo i fatti di Napoli è bastato il passa parola e le donne hanno risposto senza tentennamenti, con rabbia, con determinazione: donne ancora una volta di età, storie, culture molto diverse ma unite nel contrastare una cultura politica maschile che sta facendo di tutto per riportarle indietro di decenni sul piano dei diritti. Difesa della 194 sicuramente, ma non solo. Ieri, in linea con il 24 novembre, le donne hanno detto questo ma anche molto di più. Hanno parlato di autodeterminazione e libertà. Della loro libertà, ma anche della libertà di tutto il Paese.
La risposta è all'altezza dell'attacco che ha superato il limite per violenza, mistificazione, occupazione dello spazio pubblico da parte di una parola maschile (anche quando interviene a difesa della legge 194) sempre meno credibile. E' anche per questa ragione che oggi su Liberazione abbiamo deciso di fare una copertina molto forte. Una copertina femminista. Unica nella storia di questo giornale. Abbiamo voluto ribaltare l'accusa che viene fatta alle donne: siete assassine, facendola nostra. Lo si faceva negli anni Settanta. Lo rifacciamo ora. Senza timore. Perché sappiano che i veri killer sono altri, sono coloro che, spinti da una chiesa cattolica sempre più fondamentalista, ogni giorno accusano, alzano il dito, sputano sentenze sapendo benissimo che quelle parole ricadono sulle nostre vite come pietre. Noi diciamo: siamo tutte assassine per dire che non abbiamo paura del loro giudizio e che siamo unite. Nessuna, neanche una, si deve sentire sola. Non si deve sentire sola Silvana, né tutte le donne che sono state accusate da Ferrara di compiere, parole testuali, «un omicidio perfetto» perché decidono di abortire.
L'idea della copertina ci è venuta anche per un'altra ragione, forse un po' più personale, ma che crediamo non riguardi solo Liberazione . Mercoledì sera, intervenendo nel programma di Gad Lerner L'Infedele il direttore del Foglio , al suo esordio politico con la lista pro life, se le è presa con noi. Se l'è presa in particolare con il supplemento Queer che domenica scorsa titolava «Noi diciamo: il feto non è vita» e nelle pagine interne sosteneva tra le altre cose che «l'aborto non è un dramma». Tanto è bastato per far scattare i nervi a Ferrara e per accusare le firmatarie degli articoli di essere a loro volta assassine. Probabilmente ci sarebbero anche gli estremi per una querela, ma poco ci importa. Ci importa invece di stare dentro a questo straordinario movimento, di tante, tantissime donne che non ci stanno.
Ci interessa anche ribadire i nostri contenuti.
Che cosa diceva Queer di così scandaloso? Cosa sostenevano, insieme a me, Olivia Fiorilli e Laura Ronchetti, poi tutte tre stigmatizzate anche su Il Foglio ? Dicevamo almeno due cose. La prima: non c'è vita senza che una donna lo voglia. Non è omicidio. E' libera scelta. Il che vuol dire sottrarsi al tranello di mettersi a discutere in quale mese, ufficialmente, il feto diventerebbe vita. La seconda: basta con questa enfasi sul presunto dramma che colpirebbe le donne quando decidono di abortire. Per alcune è sicuramente stato così. Per altre no. Che cosa vuol dire allora insistere, a destra come a sinistra, su questa parola? Vuol dire comunque contribuire a creare un clima che vuole colpevolizzare le donne, metterle sempre in una condizione difensiva. Javier Lozano Barracan, ministro della Sanità del Vaticano, lo ha detto molto chiaramente in un'intervista su Repubblica di ieri: «L'Ivg è un peccato, ma la chiesa non è contro i peccatori». Non ci sentiamo peccatrici. Meglio assassine come il titolo di Liberazione . O streghe. Scontato dire che sono tornate.


15/02/2008

Caro Veltroni, caro Bertinotti,
ora basta!

L'offensiva clericale contro le donne - spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili

Caro Veltroni, caro Bertinotti,
ora basta!

L'offensiva clericale contro le donne - spesso vera e propria crociata bigotta - ha raggiunto livelli intollerabili. Ma egualmente intollerabile appare la mancanza di reazione dello schieramento politico di centro-sinistra, che troppo spesso è addirittura condiscendenza.
Con l'oscena proposta di moratoria dell'aborto, che tratta le donne da assassine e boia, e la recente ingiunzione a rianimare i feti ultraprematuri anche contro la volontà della madre (malgrado la quasi certezza di menomazioni gravissime), i corpi delle donne sono tornati ad essere "cose", terreno di scontro per il fanatismo religioso, oggetti sui quali esercitare potere.
Lo scorso 24 novembre centomila donne - completamente autorganizzate - hanno riempito le strade di Roma per denunciare la violenza sulle donne di una cultura patriarcale dura a morire. Queste aggressioni clericali e bigotte sono le ultime e più subdole forme della stessa violenza, mascherate dietro l'arroganza ipocrita di "difendere la vita". Perciò non basta più, cari dirigenti del centro-sinistra, limitarsi a dire che la legge 194 non si tocca: essa è già nei fatti messa in discussione. Pretendiamo da voi una presa di posizione chiara e inequivocabile, che condanni senza mezzi termini tutti i tentativi - da qualunque pulpito provengano - di mettere a rischio l'autodeterminazione delle donne, faticosamente conquistata: il nostro diritto a dire la prima e l'ultima parola sul nostro corpo e sulle nostre gravidanze.
Esigiamo perciò che i vostri programmi (per essere anche nostri) siano espliciti: se di una revisione ha bisogno la 194 è quella di eliminare l'obiezione di coscienza, che sempre più spesso impedisce nei fatti di esercitare il nostro diritto; va resa immediatamente disponibile in tutta Italia la pillola abortiva (RU 486), perché a un dramma non debba aggiungersi una ormai evitabile sofferenza; va reso semplice e veloce l'accesso alla pillola del giorno dopo, insieme a serie campagne di contraccezione fin dalle scuole medie; va introdotto l'insegnamento dell'educazione sessuale fin dalle elementari; vanno realizzati programmi culturali e sociali di sostegno alle donne immigrate, e rafforzate le norme e i servizi a tutela della maternità (nel quadro di una politica capace di sradicare la piaga della precarietà del lavoro).
Questi sono per noi valori non negoziabili, sui quali non siamo più disposte a compromessi.

Simona Argentieri
Adriana Cavarero
Isabella Ferrari
Sabina Guzzanti
Margherita Hack
Fiorella Mannoia
Dacia Maraini
Alda Merini
Valeria Parrella
Lidia Ravera
Elisabetta Visalberghi

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l'avvenire

LEGGE 194 E POLEMICHE

Un muro del secondo Policlinico di Napoli dove si è consumato il dramma dell’aborto in bagno.
Sull’accaduto ha fatto chiarezza la polizia dopo una denuncia telefonica

Napoli, un aborto in solitudine

Sui fatti del Policlinico una campagna che rimuove il vero problema


DI
FRANCESCO OGNIBENE
D’
accordo, riconosciamolo: quel­lo che è successo a Napoli è scan­daloso, inaccettabile. Ma lo è per un motivo diverso da quello inalberato co­me uno slogan polveroso da chi – con og­gi sono tre giorni – su tutti i media dispo­nibili non fa che gridare all’attentato con­tro la 194, tanto immaginario quanto stan­camente ripetuto come una citazione ob­bligata.
Il vero scandalo dell’aborto al II Policlinico di Napoli per una diagnosi di difetto cro­mosomico non è infatti l’intervento della polizia per capire com’erano andate le co­se: un atto dovuto, realizzato – a quanto va emergendo – con rispettosa cautela, e in presenza di una grave denuncia. È scanda­loso che, nella fretta di usare il caso e dare la colpa al 'clima di intolleranza', nessuno si sia accorto della paura, la solitudine, l’an­goscia e alla fine le condizioni disumane nelle quali si è compiuta la tragedia di una donna che desiderava con tutto il cuore il suo bambino e che poi ha scelto di abortirlo per il ti­more profondo e umanis­simo di non farcela a regge­re la sofferenza e la fatica che i medici le avevano pro­spettato, senza indicarle al­cuna alternativa. Perché se una donna appena uscita dalla sala operatoria dove ha completato la via crucis di una separazione dal suo bambino che difficilmente si può immaginare più traumatica – con l’aborto consumato da sola in un bagno d’ospedale – dichiara che «non c’era altra scelta», vuol dire che qualcosa di decisivo nel sistema che avrebbe dovuto accompa­gnarla e sostenerla è stato tragicamente as­sente. Ed è quello lo scandalo di cui occu­parsi, non altro, quello il motivo per il qua­le pretendere risposte e soluzioni propor­zionate alla realtà, evitando campagne con­dite di slogan sorpassati dalla storia. Perché un’altra scelta dev’esserci sempre, non si può mai lasciare una donna spalle al mu­ro davanti al bivio dell’aborto. Ma di que­sto nelle piazze e sui giornali non s’è sen­tito parlare: si è invece tentato di rendere incandescente il clima alimentando inci­denti e creando un altro caso mediatico, proprio mentre la ricostruzione dei fatti di Napoli faceva affiorare più di un dubbio sulla versione sbrigativa della prima ora.
In questo clima fattosi ieri quasi irrespira­bile, di Silvana – la protagonista, suo mal­grado, della triste vicenda – ai fautori del 'diritto' di abortire non sembra interessa­re granché, se non per usarne il nome e la storia come arnese polemico. Rileggendo
quel che è davvero accaduto, è allora il ca­so di chiedersi: per questa madre mancata e ferita, sbattuta su tutti i giornali nel mo­mento più duro della sua esistenza, sono peggio le domande della giovane agente di polizia presentatasi in borghese per capire con il massimo tatto possibile se la sua di­gnità e la legge 194 fossero state violate, e tutelarne il diritto più elementare al rispetto in un’ora di sofferenza, o questo uso spre­giudicato della sua storia nel dibattito po­­litico, nell’informazione, nelle piazze? Bran­dire Silvana contro qualcuno: questa è la vera vergogna, che si aggiunge a un’altra domanda sinora senza risposta: dove sono i difensori a oltranza della 194 come presi­dio di un presunto «diritto di abortire» – che la legge certo non prevede – quando u­na donna chiede aiuto di fronte alla dia­gnosi infausta sul bambino a lungo culla­to nel suo grembo? Chi la accoglie inco­raggiandola, senza mai volerla giudicare, per dirle che ce la può fare, se vuole, e che le sarà accanto nei primi passi, e che anche dopo ci sarà qualcuno che può condivide­re la sua fatica? Chi le ga­rantisce che si batterà per­ché a farsi carico di lei e del suo bimbo forse 'imperfet­to' ci sia anche lo Stato? U­no Stato, beninteso, che sappia non farsi prendere in ostaggio da qualche piaz­za dilatata dalle riprese in campo stretto delle tv e dai toni accesi di cronisti com­piacenti...
Il risultato ottenuto con di­chiarazioni al limite dell’isteria e una cam­pagna mediatica con punte di violenza ver­bale da lasciare senza fiato – certo non giu­stificabili col clima di campagna elettorale – è stato di esacerbare gli animi e convin­cere anche un piccolo gruppo di donne sce­se in piazza ieri a Roma che fosse una buo­na idea dare addosso alla polizia schierata per controllarle.
I fatti di Napoli – che ricostruiamo qui ac­canto – dicono che il magistrato e gli a­genti sono chiaramente intervenuti pro­prio per verificare che la 194 non venisse violata. Il polverone sollevato in seguito è servito solo a nascondere questa realtà che, dopo raffiche di parole sparate nel mucchio, appare persino paradossale da­vanti a chi evoca roghi e mammane. Ora però si lascino da parte i furori ideologici e si inizi finalmente a discutere del vero scandalo: la solitudine spesso assoluta in cui si compiono scelte estreme, e la pau­ra così spaventosamente diffusa dentro le pieghe di una società che non sa più ac­cogliere i propri figli quando nella loro vi­ta appena sbocciata appare la macchia di
un possibile difetto.
Clima pesante costruito sui media attorno a una vicenda che mostra il volto nascosto di un dramma sociale



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