Siamo un gruppo di donne: amiche, colleghe, mamme... Da tempo mettiamo le nostre esperienze di solidarietà femminile in comune, ne parliamo, riflettiamo, e pensiamo che molte donne costruiscano, nella vita di tutti i giorni, una silenziosa ma potente rete di affetti, di aiuti, di sostegno. Alcune di noi vengono da altre esperienze o vi sono tuttora coinvolte (Comitato per la pace Spartacus, Collettivo Echidna, Mamme per la Pace...), altre si sono semplicente unite confluendo il loro apporto personale di donne attente alla realtà che ci circonda e con la volontà di "uscire dal silenzio". Abbiamo pensato di costituire un gruppo, il Collettivo Pacha Mama, per cercare di essere un punto di riferimento e di scambio di esperienze per chiunque si senta sensibile alla lotta e alla solidarietà femminili.

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Ciao a tutt*, è stata ripristinata la mail vecchia:

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ci auguriamo che non venga bloccata mai più

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16 feb 2008

Rassegna 16 febbraio 2008



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Liberazione 16/02/08

Contrastiamo l'abitudine a pensare che sui temi essenziali che riguardano la nostra vita, le nostre esperienze che si fanno corpo e anima, noi donne e uomini comuni fatichiamo a prendere una decisione consapevole

Contrastiamo l'abitudine a pensare che sui temi essenziali che riguardano la nostra vita, le nostre esperienze che si fanno corpo e anima, noi donne e uomini comuni fatichiamo a prendere una decisione consapevole. Osserviamo che in una società di esperti hanno autorevolezza lo scienziato, il filosofo, il teologo, il giurista e recentemente il bioeticista, tutti "rigorosamente" di sesso maschile, mentre noi donne non abbiamo parola pubblica. Ma oggettività scientifica e soggettività non sono mondi separati e le tecnologie che riguardano la vita e la morte sono oggi tali da modificare la percezione, il senso e quindi la lettura che noi diamo di esse. Dal concepimento al morire, le opportunità (e i rischi!) offerti dalle biotecnologie mediche ci obbligano singolarmente e collettivamente a operare scelte e mettere in atto decisioni spesso difficili. Ad esse la scienza contribuisce in termini di conoscenza e ampliamento delle possibilità. Ma l'ultima parola spetta alla donna all'uomo che di quelle scelte vivranno le conseguenze. Noi contrastiamo la violenza di un'etica dei principi indiscutibili e astratti con l'etica della responsabilità e denunciamo che il vuoto lasciato dall'assenza di una cultura laica delle istituzioni è riempito dalla Chiesa e dai codici deontologici delle associazioni e/o corporazioni degli esperti, scientifici e non, che dettano la propria legge.

Laura Eduati
«Ratzinger vuole islamizzare la religione cattolica per ridarle la forza teocratica dei secoli passati

Laura Eduati
«Ratzinger vuole islamizzare la religione cattolica per ridarle la forza teocratica dei secoli passati. Ma nessuna legge risolve i problemi morali». Tra i massimi intellettuali spagnoli contemporanei, basco di nascita e fondatore del movimento civico Basta ya! al fianco delle vittime dell'Eta, il filosofo Fernando Savater ama gettarsi nel dibattito politico col sorriso bonario di chi la sa lunga. Senza risparmiare giudizi tranchant : «Chi appoggia la violenza armata è assimilabile ai nazisti». La nuova frontiera politica del professore di Etica alla Complutense di Madrid si chiama "Uniòn Progreso y Democracia", partito fondato dalla ex socialista Rosa Dìez con il supporto di intellettuali come il peruviano Mario Vargas Llosa e Antonio Elorza. Savater non si candida, ma fa il tifo per una formazione «che prende il meglio dai socialisti e dai popolari» e cioè la salvaguardia dell'unità del Paese, la laicità dello Stato («bisogna abolire i finanziamenti alla Chiesa») e l'aumento delle spese militari. Il partito dei professori correrà contro Zapatero e Rajoy alle elezioni del 9 marzo, un mese in anticipo rispetto alla data italiana: «Noi spagnoli siamo diventati più laici degli italiani. Berlusconi potrebbe vincere? E' sorprendente, in Italia non ho mai trovato qualcuno che voti per lui».

Negli ultimi anni, e non soltanto in Spagna, le questioni etiche occupano un luogo preponderante nella politica. La Chiesa cattolica ha deciso di scendere direttamente in campo contro aborto, eutanasia, matrimoni gay. I vescovi spagnoli hanno persino chiesto agli elettori di non votare i socialisti. Cosa ne pensa?
Il dibattito riguarda le misure legali per permettere la libertà di coscienza etica. Nessuna legge risolve i problemi morali. La legge sulle nozze gay, per esempio, permette ad alcune persone di trovare una via legale alle proprie esigenze, poi ciascuno faccia come vuole. Questo però non impedisce che l'aborto, non più penalmente perseguibile, continui a porre una questione morale che deve essere risolta all'interno della coscienza di ciascuno attraverso l'esercizio della libertà di scelta. Il vero dibattito riguarda invece il modo nel quale, in una società dove esistono morali differenti, possano esserci leggi comuni perché ciascuno possa esercitare la propria libertà senza imposizioni di nessun tipo.

Come si spiega che, dopo anni, i cattolici si siano risvegliati e pretendano di modificare leggi come quella sull'aborto?
Una cosa è l'etica e una cosa è la religione. I vescovi, il Papa e i cattolici parlano da un punto di vista religioso. L'etica invece non è religiosa. Certamente i cattolici hanno un'etica, ma questa proviene dal dogma religioso. Per quello che posso capire, a partire da Karol Wojtyla si è messa in moto una chiara involuzione. La Chiesa sta retrocedendo rispetto all'esperienza del Concilio Vaticano II dove per la prima volta nella storia ecclesiastica venne riconosciuta la libertà di coscienza. Ora tornano indietro, c'è una specie di contagio con il mondo islamico, i cattolici invidiano la fede e e la forza teocratica dei musulmani. Penso che Ratzinger voglia islamizzare la religione cattolica ridandole la forza teocratica dei secoli passati.
segue a pagina 2

Laura Eduati
Nel 2004 Zapatero promise di far diventare la Spagna più progressista, più moderna e più laica

Laura Eduati
Nel 2004 Zapatero promise di far diventare la Spagna più progressista, più moderna e più laica. Ci è riuscito?
(ride). Per alcuni aspetti sì, per altri meno. Il governo ha fatto buonissime cose come ad esempio la legge sulla dipendenza (finanziamenti per la cura dei disabili e degli anziani, ndr) e la legge per l'uguaglianza di genere. Poi però ha assunto un atteggiamento reazionario nei confronti dei nazionalismi e delle questioni territoriali. Credo che oggi i nazionalisti, anche se si dicono di sinistra, sono i più reazionari di Spagna e disgraziatamente, per ragioni elettorali, i socialisti li hanno appoggiati. Questo non ha niente di moderno né di progressista. Quindi credo che nel progetto di Zapatero vi siano state luci e ombre. E per noi baschi, ha riservato sicuramente più ombre.

Il nazionalismo è una malattia?
No di certo! E' una posizione politica come tante altre, affine ad integralismi come la xenofobia e altre misure discriminatorie, contro la cittadinanza e la modernità. Si tratta di un tentativo di ritornare alle proprie radici invece di avanzare verso i diritti e il futuro. In Spagna il nazionalismo è sempre stato l'ostacolo maggiore per la costruzione di uno Stato moderno, fin dal secolo XIX con le guerre carliste.

La difesa delle radici non può in qualche modo costituire una ricchezza nel mondo globalizzato?
Gli esseri umani hanno gambe, non radici. Le radici sono proprie delle piante e delle verdure che non si possono muovere. Noi siamo stati fatti con delle gambe per camminare in giro per il mondo. Le tradizioni sono spesso inventate mentre i rituali antichi sono crudeli, atroci e discriminano le donne.
La diversità umana esiste, ci piacciono vestiti e cibi diversi, ma convertire questo in un progetto politico e passare dalla cittadinanza all'etnia, ecco, questa mi pare una deriva reazionaria.

Dunque come si può risolvere il conflitto basco? Semplicemente incarcerando gli indipendentisti?
Il conflitto basco si risolve lottando politicamente contro il nazionalismo. All'interno del conflitto ci sono due elementi: il terrorismo e l'indipendentismo. Per il primo basta la polizia, per il secondo una buona politica anti-nazionalista.

Non è autoritario mettere fuori legge un partito come Batasuna semplicemente perché non condanna gli attentati?
Appoggiare la violenza non è un reato di opinione. Il nazismo, la xenofobia, la giustificazione della violenza armata non sono opinioni e dunque non entrano nella libertà di espressione. Qualcuno ha detto che il parlamento è una sorta di guerra civile sospesa che si conduce attraverso dibattiti spesso accesi, discussioni e votazioni. Ma se si decide, come fanno gli indipendentisti baschi, di stare in questa guerra civile virtuale e poi anche per le strade appoggiando la violenza armata, questo va contro la dialettica politica. Se lasciassimo loro la libertà di espressione allora dovremmo smettere di perseguire l'ideologia nazista e razzista.


Il dialogo con l'Eta è stato dunque un errore da parte di Zapatero?
Non del tutto, ha sbagliato quando ha intavolato una negoziazione politica. Mi sembra normale e giusto che il governo discuta con l'Eta sulla fine della violenza e dunque del destino dei detenuti politici e delle armi, cioè della fine della lotta armata. Ecco perché all'inizio appoggiammo Zapatero, credevamo che sarebbe stata la volta buona. Ma poi ha commesso un errore, ha convertito una banda armata in interlocutore politico con diritto a reclamare questioni di tipo statutario e costituzionale.

Lei è uno dei fondatori del movimento Basta ya! dal quale è nato un nuovo partito guidato dalla ex socialista Rosa Dìez, in corsa per le elezioni del nove marzo. Serviva un nuovo partito?
Nella piattaforma civica Basta ya! militano persone che non sono d'accordo né con il negoziato dell'Eta voluto dai socialisti, né con le proposte poco laiche dei popolari. L'ora di educazione civica introdotta da Zapatero è un'ottima cosa ma per i popolari è la peste. Dunque ci sentivamo orfani politicamente e ci eravamo ridotti a votare in bianco. Ecco perché abbiamo voluto un partito che difenda l'unità dello Stato ma che allo stesso tempo sia laico. Abbiamo preso il meglio dei partiti già esistenti. Ci dichiariamo progressisti, e pensiamo che il progressismo non sia patrimonio esclusivo della destra o della sinistra. Così come ci sono elementi reazionari a sinistra, come l'appoggio al regime cubano, ed elementi reazionari nella destra.

Spagna e Italia affrontano insieme le elezioni generali, e qui è probabile che vinca un'altra volta Berlusconi...
...sorprendente! Vengo spesso in Italia e non ho mai incontrato una persona che mi dica: ho votato Berlusconi. Non riesco a capacitarmi.
Negli ultimi anni la Spagna ha preso una rincorsa e cresce molto dal punto di vista economico. Ma credo che gli spagnoli siano molto più avanzati rispetto alla laicità. Anche da noi i vescovi si intromettono nel dibattito politico ma riescono ad ottenere molto meno.

Forse dipende dalla capacità dei politici di porre un freno alle richieste della Chiesa?
Se è vero che Zapatero e Rajoy si sono impegnati a non cambiare le leggi più controverse soltanto perché disturbano i vescovi, è altrettanto vero che nessuno dei due toccherà mai il Concordato con il Vaticano che risale all'epoca franchista. Per esempio la Chiesa cattolica ha la tutela spirituale dell'esercito ed esiste un corpo castrense di preti militari.

Bisognerebbe abolire il finanziamento alla Chiesa cattolica?
Naturalmente. E' assurdo che continuiamo a lamentarci dei preti quando non facciamo nulla per cambiare il rapporto che ci lega col Vaticano. Gli spagnoli non dovrebbero finanziare la Chiesa, così come la religione non dovrebbe entrare nelle scuole.


16/02/2008


Oggettività scientifica e soggettività non sono mondi separati ma l'ultima parola
spetta alla donna e all'uomo che di quelle scelte vivranno le conseguenze
L'ultima parola è la nostra!

Le questioni eticamente sensibili diventano così strumenti che mirano a fare dei corpi di uomini e donne le nuove " res publicae ", su cui e attraverso cui arrivare alle "nuove sintesi" politiche che spesso avvelenano la civile convivenza e il quadro democratico
Questo sta accadendo: ieri sulla legge 40, oggi sulla 194, la moratoria, la lista di Ferrara e l'incursione all'ospedale di Napoli!
Riproponiamo l'autonomia e la libertà di una donna di scegliere per se stessa anche quando è "uno e due contemporaneamente", cioè quando è gravida, affermando che è portatrice di una responsabilità che ne fa un soggetto morale capace di compiere la scelta di essere o non essere madre e di interrogarsi sul senso e la qualità di quella vita che ha deciso di mettere al mondo.
La Chiesa Cattolica ha riconosciuto un'anima alle donne nel 1431! Quanti secoli ancora per essere riconosciute soggetti morali?
Denunciamo la voluta confusione che ha animato il recente dibattito sull'obbligo di rianimazione dei feti vitali anche in presenza di una decisione contraria della madre. Si sono confuse questioni diverse: aborto terapeutico e nascita prematura.
Aborto terapeutico e nascita prematura stanno su piani diversi, hanno ricadute ed effetti differenti, le cui responsabilità non sono del tutto chiare dal punto di vista della legge.
Nel primo caso il riferimento è la legge 194 dove in nome del diritto alla salute della madre, ed in presenza di una grave malformazione del feto, la legge consente alla donna di porre fine a quella vita.
Nel secondo caso siamo in presenza di un trattamento terapeutico su un "minore" già nato che non è in grado di esercitare quel "consenso informato" di cui il medico ha bisogno per agire sul corpo del paziente e che è l'espressione della autonomia di scelta di ogni cittadino/a sancita dalla Costituzione.
Tale questione non riguarda la 194 ma il diritto di limitare i trattamenti di rianimazione e di sostegno vitale
Un feto di 4-5 mesi, può esercitare questo diritto? La risposta è evidente: no! Allora chi lo fa per esso? Chi è il soggetto morale che lo può fare? Una legge astratta dello Stato in nome di un'etica dei principi, un codice deontologico medico che si fa legge o la donna che l'ha nel suo corpo (quel feto è parte di essa) e la cui etica della responsabilità le consente di coniugare i fatti, che inaspettatamente le vengono presentati, con i valori che fino a quel momento l'hanno conformata?
Noi rispondiamo che quella donna che ha dolorosamente scelto di interrompere a cinque-sei mesi dall'inizio, una gravidanza desiderata è l'unica autorizzata a parlare e a prendere la decisione.
proponenti
Elena Del Grosso, Maddalena Gasparini, Eleonora Cirant, Lea Melandri
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dal corriere


Aborto, la fuga delle donne
Interruzione di gravidanza, strutture in crisi «Attese e umiliazioni». E tante vanno all’estero

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I numeri della legge:la scheda

«Le prenotazioni per la legge 194 sono esaurite. Riprenderanno il 19 febbraio dalle 11 alle 12». Così la segreteria telefonica dell’ospedale Macedonio Melloni, tra i più importanti di Milano. Inutile meravigliarsi. Prendere un appuntamento per interrompere la gravidanza è solo l’inizio dell’odissea che le donne devono affrontare per abortire oggi in Italia. Un percorso a ostacoli tra ambulatori aperti solo un’ora alla settimana, accettazioni a numero chiuso, colloqui, visite ginecologiche ed ecografie che costringono ad andare in ospedale anche quattro volte, liste d’attesa che superano i 15 giorni almeno in un caso su due, l’insistenza dei volontari del Movimento per la vita in corsia, umiliazioni emblematiche come il cartello con la scritta «Interruzioni di gravidanza» appeso ai lettini delle donne in procinto di abortire al Niguarda, eliminato solo dopo l’intervento dei sindacati dell’ospedale milanese. L’irruzione della polizia al Federico II di Napoli dopo un aborto terapeutico è la punta dell’iceberg di un fenomeno che spinge sempre più donne a rivolgersi a cliniche estere. In fuga dall’Italia per abortire.

I viaggi dell’aborto
«Are there a lot of italian women coming here? », «Yes. Lately even more». Alla domanda se ci sono numerose italiane che prendono un appuntamento, la centralinista della Leigham Clinic non ha dubbi: «Si. Ultimamente sempre di più». La clinica a sud di Londra è diventata uno dei punti di riferimento delle donne che con 780 sterline possono interrompere la gravidanza nel giro di una settimana. Un numero che non ha eguali in Europa. Lo dimostrano le statistiche del ministero della Salute inglese. Con l’arrivo in Gran Bretagna di una donna ogni due giorni, l’Italia è in cima alla classifica dei viaggi per abortire, seconda solo all’Irlanda (dove le Ivg sono illegali ameno che non siano in pericolo la vita e la salute della donna). Avverte Vicky Claeys, direttore per l’Europa dell’International Planned Parenthood Federation, il network mondiale per la tutela della maternità e della salute sessuale con sede a Bruxelles: «Il clima che si respira in Italia è preoccupante. La legge c’è. Il problema è la sua esecuzione: abortire sta diventando quasi impossibile ». Due le conseguenze dietro l’angolo, almeno secondo Bruxelles: «Chi ha i soldi va all’estero, le altre rischiano di tornare agli aborti clandestini». Tra i medici contattati spesso dall’Italia, ginecologi famosi come il londinese Kypros Nicolaides e il parigino Yves Ville. Le donne prendono il volo verso Londra e Parigi soprattutto per le interruzioni terapeutiche di gravidanza (quelle dopo i tre mesi, qui vietate di fatto dalla 24ma settimana). Ma sono in crescita anche quelle che si dirigono in auto in Svizzera per prendere la pillola Ru486 non ammessa in Italia e ottenibile in Canton Ticino con 400 euro. «Ne arriva almeno una a settimana solo da noi—ammette il ginecologo ostetrico Jürg Stamm, balzato spesso all’onore delle cronache per la sua attività al centro di fertilità che guida all’ospedale «La Carità » di Locarno —. Io di solito aiuto le donne che vogliono un figlio e non riescono ad averlo. Ma l’Ivg non è un reato: perché, dunque, negare alle pazienti la possibilità di abortire senza entrare in sala operatoria? ».

Anti-abortisti in corsia
Tra i motivi che spingono ad andarsene, anche le difficoltà con cui spesso deve fare i conti chi si rivolge agli ospedali. Al San Paolo di Milano gli appuntamenti per le Ivg vengono presi un’ora alla settimana il venerdì, dalle 13.30 alle 14.30. Al Buzzi di via Castelvetro gli sportelli sono aperti il mercoledì e il venerdì alle 7.30, ma la segreteria telefonica avvisa già: «Vengono accettate le prime 16 donne». Altra città, nuove situazioni. Agli ospedali Riuniti di Bergamo la sede del Movimento della vita è all’interno del reparto di Ostetricia e Ginecologia guidato dal 2000 da Luigi Frigerio (vicino a Comunione e Liberazione). Al San Matteo di Pavia se n’è appena andato via anche l’ultimo non obiettore: gli aborti li fanno due giovani con borsa di studio. A Desenzano c’è un solo medico che esegue le Ivg (quando è malato o in vacanza ne deve arrivare uno da fuori). Stesse scene anche fuori dalla Lombardia. Al Ca’ Foncello di Treviso c’è un solo ginecologo su 15. E, proprio in Veneto, è atteso a settimane l’arrivo in consiglio regionale del progetto di legge di iniziativa popolare che prevede, tra l’altro, la presenza di volontari antiabortisti negli ospedali. Il consigliere di Alleanza Nazionale, Raffaele Zanon, ha chiesto di mettere in discussione la proposta subito dopo l’approvazione del Bilancio 2008. Ancora. «In Basilicata la percentuale di camici bianchi che non praticano aborti è vicina al 93%, anche se i dati del ministero della Salute, fermi al 2005, li danno al 42%—denuncia il radicale Valerio Federico —. All’ospedale San Carlo di Potenza raggiungono la quota del 95%».

Le liste d’attesa
In Italia, insomma, in media sei ginecologi su dieci sono obiettori, con punte del 70% al Centro. «Così hanno più chance di fare carriera e diventare primari, ma i tempi di attesa per le pazienti si allungano», fanno notare al Ced, uno dei principali consultori laici di Milano. Per almeno una donna su due trascorrono più di due settimane tra il certificato del medico e la data dell’intervento. Il 25% deve aspettare fino a 15 giorni. E adesso con la fuga all’estero per le Ivg si rischia un déjà vu di quanto già successo con la fecondazione assistita (a quattro anni dall’approvazione della legge 40, «I viaggi per la provetta» sono al centro proprio oggi di un convegno organizzato da SOS Infertilità allo Spazio Guicciadini di Milano). Non finisce qui. C’è chi teme che mentre negli ospedali pubblici si moltiplicano le difficoltà per abortire, nelle cliniche private prendano piede le interruzioni di gravidanza clandestine. Mascherate da aborti spontanei. Da codice penale.

Benedetta Argentieri, Simona Ravizza
16 febbraio 2008

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